giovedì, luglio 30, 2009

La leggenda di Alberto da Giussano

da
http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/111994/la_leggenda_di_alberto_da_giussano


Dietro la leggenda

La leggenda di Alberto da Giussano

Storia e cronaca di un’invenzione a cui credono gli elettori della Lega

Sarà opportuno comunicare a Umberto Bossi e allo stato maggiore della Lega che Alberto da Giussano è frutto di un’invenzione, come Sandokan o Gianburrasca, e che il giuramento di Pontida non ha mai avuto luogo.
In un tempo in cui si profila l’arrivo sui teleschermi del kolossal di Renzo Martinelli sulla battaglia di Legnano, fortemente voluto dai dirigenti della Lega (che, a una breve anteprima – dicono le cronache –, si sono commossi) è bene fare la parte della storia e quella della retorica precisando che appunto di leggenda si tratta, come il Sacro Graal o l’oro del Reno.
Non vi è traccia, infatti, nelle cronache serie dell’epoca, della Compagnia o Società della Morte – i novecento cavalieri comandati dal Giussano e che avrebbero fatto mirabilia nella battaglia di Legnano, questa sì effettivamente svoltasi, 29 maggio 1176 – e del loro capo, dei trecento fanti del Carroccio e dei trenta carri falcati che si dice abbiano contribuito alla sconfitta del Barbarossa.
Sembra per contro che le truppe imperiali siano state sbaragliate da compagnie di arrabbiatissimi cittadini, per lo più appiedati e muniti di lance e forconi, che difendevano la propria vita e i propri beni dall’esosità dei balzelli della Casa di Hohenstaufen.
I novecento militi della Società della Morte, secondo la favola, avrebbero giurato di combattere contro l’imperatore in ogni situazione, di non darsi mai alla fuga e di tagliare la testa a chi avesse disertato. Ma per la verità in nessun serio documento si registra la loro presenza, né tanto meno la loro partecipazione nella citata, storica battaglia.
Fanno venire alla mente un racconto satirico di Giancarlo Fusco contenuto nel libro Le rose del ventennio, in cui si parla di un gruppo di arditi votati, nell’ultima guerra, alle imprese più spericolate e alla morte, sotto il comando del maggiore Ferro Maria Ferri. Essi però non trovavano impresa abbastanza audace per loro e trascorrevano, destinati a un sacrificio che non veniva mai, le serate nei bordelli e nelle taverne. I primi elementi della leggenda al cui centro si trova Alberto da Giussano sono stati introdotti almeno centocinquant’anni dopo gli avvenimenti in una “cronica” del milanese fra’ Galvano Fiamma, definito in tempi posteriori «compilatore negligente, credulo, privo di senso critico». E fortemente interessato a far recuperare un ruolo di primo piano al suo partito, dei nobili, la cui cavalleria (i novecento della Società della Morte?) in scontri preliminari ai veri e propri combattimenti, indecorosamente era stata messa in fuga degli avversari.
Con la conseguenza di indurre i sostenitori dell’altro partito, quello dei popolani, a porre l’accento sui trecento asserragliati attorno al Carroccio come quasi esclusivo fattore di vittoria sugli imperiali.
Cronisti successivi hanno ripreso le varie informazioni senza darsi la pena di accertarne la veridicità.
Sta di fatto che dell’esistenza di Alberto e dei suoi fratelli Otto e Rainerio – descritti tutti, dagli apologeti, come di alta statura e di aspetto imponente – non fa cenno nessuno fra gli studiosi veri del Medioevo (per esempio il rinnovatore delle ricerche nel ramo Ludovico Antonio Muratori), ma anche alcuno fra i cronisti dell’epoca, come Bonvesin de la Riva, o successivi, come Tristano Calco. E a ben 336 anni dallo scontro di Legnano, nel 1503 un altro scrittore, Bernardino Corio, parla per la prima volta del cosiddetto giuramento di Pontida, al quale affabulazioni letterarie successive (per tutte la Canzone di Legnano di Giosué Carducci, insieme con altre epopee risorgimentali e addirittura un’opera di Giuseppe Verdi) attribuirono un ruolo che non aveva mai avuto. La Lega lombarda infatti, all’epoca, non vide la luce a Pontida il 7 aprile 1167 con la solenne promessa dei Comuni coalizzati, cosa che non risulta da alcuna ricerca scientificamente apprezzabile, ma a Bergamo l’8 marzo di quell’anno.
Molte delle informazioni che stiamo fornendo sono contenute nella ricerca di un erudito sacerdote brianzolo, don Rinaldo Beretta, probabilmente il più autorevole storico della sua terra, è stato detto, dopo Ignazio Cantù (a sua volta fratello dello scrittore Cesare). In Il giuramento di Pontida e la Società della Morte nella battaglia di Legnano (Como, 1970), don Beretta – scomparso a cento anni nel 1976 – ha analizzato tutti gli elementi che inducono a mettere fortemente in dubbio l’esistenza di Alberto di Giussano, della Società e del Giuramento. Che poi fioriscano qua e là i monumenti al presunto guerriero è tutt’altra storia, in un paese di antica retorica come il nostro nel quale si affiggono targhe in memoria di personaggi inesistenti, come, per esempio, un tal Giovanni Capocci ricordato in una cittadina abruzzese per una mai avvenuta partecipazione alla disfida di Barletta (13 febbraio 1503). Si favoleggia, da noi, di ampolle di acqua del Po e di razza padana: di quest’ultima la sola conosciuta in natura comprende buoi e mucche, neppure tori (la cui varietà più pregiata è quella marchigiana). Martinelli, quindi, con il suo kolossal può difficilmente pretendere di rifarsi, come ha dichiarato, alle proprie radici lombarde, poiché le radici sono cose vere e non, come in questo caso, una leggenda che tiene in ostaggio un decimo dell’elettorato. Si può sperare, per contro, che il prodotto appartenga alla serie di piacevoli realizzazioni da fiction, con buona pace di tutti e, se proprio le sta bene, con soddisfazione della Lega. Alla quale nessuno può negare il diritto di, inutilmente, commuoversi.

domenica, luglio 19, 2009

"GENIUS SECULI"

domenica, luglio 12, 2009

Proposta di legge di Riforma monetaria

Da "Movimento Zero":

LEGGE DI RIFORMA MONETARIA
PROPOSTA DI LEGGE

Preambolo
Al fine di attuare i principi costituzionali fondamentali di sovranità popolare, di fondamento sul lavoro della Repubblica, di parità dei diritti, di tutela del lavoro, di tutela del risparmio, di rimozione dei fattori di diseguaglianza sociale; nonché al fine di rimediare alla progressione esponenziale del costo del debito sulla produzione e sui redditi – progressione che oramai ha portato il detto costo ad assorbire interamente se non a superare l’incremento della produzione, costituendo quindi un fattore strutturale di recessione, impoverimento e instabilità non ulteriormente tollerabile;

Preso atto che, nel corrente sistema monetario e creditizio, la liquidità è creata per circa il 92% dalle banche, le quali la producono virtualmente senza copertura e a costo virtualmente nullo per sé stesse nell’atto stesso del concedere credito, realizzando in tal modo un incremento unilaterale del proprio patrimonio;

Preso altresì atto che tale incremento patrimoniale, in applicazione di norme contabili stabilite dalla prassi bancaria internazionale ma non aventi valore di legge, viene neutralizzato dall’appostazione al passivo di una pari uscita, la quale però non si sostanzia in alcuna reale uscita patrimoniale dal patrimonio della banca;

Osservato che in tal modo la banca realizza un profitto che, per la maggior parte, non viene tassato; e che consiste nello scambiare promesse di pagamento proprie, denominate in moneta legale ma non coperte da riserve di valuta legale, contro promesse di pagamento dei mutuatari, gravate di interesse;


SI DELIBERA LA SEGUENTE

RIFORMA DEL CREDITO E DELLA MONETA

1-La moneta a corso legale è unicamente l’Euro, sottoforma di banconote o conio; essa deve essere accettata in pagamento su tutto il territorio della Repubblica senza restrizioni; ogni restrizione è nulla; tutte le norme disponesti restrizioni all’uso della moneta legale sono abrogate.
2-La moneta a corso legale appartiene al popolo al momento dell’emissione o della sua acquisizione da parte della Banca d’Italia; in nessun modo la Repubblica pagherà un corrispettivo per ottenerne la disponibilità, se non il contributo ai costi di produzione.
3-La Banca d’Italia e qualsiasi altro soggetto che emetta valuta a corso legale è di proprietà esclusiva ed inalienabile della Repubblica; è salvo l’odierno assetto proprietario della Banca Centrale Europea; i soci, detti “partecipanti”, della Banca d’Italia hanno titolo a un indennizzo per la nazionalizzazione della loro quota; l’indennizzo sarà dovuto in base al valore del capitale sociale; la presente disposizione non implica alcuna rinuncia della Repubblica ad azioni di indennizzo o risarcimento o di altro titolo verso i soggetti ex partecipanti della Banca d’Italia.
4-I depositi presso le banche, se non vi sia patto diverso, sono a tutti gli effetti depositi regolari e non entrano nel patrimonio della banca;
5-Costituiscono mutuo, sconto bancario e anticipazione bancaria solamente le operazioni di credito eseguite mediante effettiva cessione di denaro contante (banconote e conio); solo tali operazioni possono definirsi come erogazione di credito.
6-Le operazioni di credito non attuate mediante cessione di denaro contante sono definite aperture e concessioni di credito.
7-In relazione alle operazioni di credito, non si possono registrare come uscite, o in qualsiasi altro modo significante una negatività patrimoniale, le aperture o concessioni di credito concesse ai clienti.
8-Sono equiparate alle operazioni di credito di cui all’art. 5 le operazioni con cui la banca, a scopo di credito o di garanzia, cede ai clienti propri crediti verso terzi.
9-Il corrispettivo periodico, su base annua, del servizio di apertura o concessione di credito non può essere superiore a una percentuale dell’importo del credito medesimo pari a quella della copertura in moneta legale, detenuta in proprietà dalla banca, a garanzia del credito medesimo.
10-Il rifiuto della richiesta di un’apertura di credito deve essere motivato in base ad elementi oggettivamente verificabili; contro tale rifiuto è ammesso ricorso a un’autorità amministrativa provinciale, da istituirsi con separato provvedimento, la quale può imporre alla banca la concessione dell’apertura di credito, qualora ritenga ingiustificato il rifiuto.
11-Presso la Presidenza di ogni Regione Federale è istituito un Registro delle monete complementari locali, presso cui consorzi di enti pubblici, associazioni costituite con atto pubblico e Onlus possono registrare le monete complementari che intendono emettere.
12-La falsificazione di monete complementari registrate e il loro spaccio sono punite con le pene stabilite per le monete legali.

Contro la dittatura bancaria

Tratto da La Voce del Ribelle diretta da Massimo Fini:

Appello contro la Dittatura Bancaria e Tecnofinanziaria

No alla vita basata sul prestito e sull’usura
No al debito eterno degli Stati, dei Popoli e dei Cittadini
Il Popolo (attraverso lo Stato) torni titolare della Sovranità Monetaria

La questione della Sovranità Monetaria non è questione economica. Riguarda tutti gli aspetti della nostra vita. La Banca Centrale Europea, proprietà delle Banche Nazionali Europee, come Bankitalia, emette le banconote di Euro. Per questa stampa pretende un controvalore al 100% del valore nominale della banconota (100 euro per la banconota da 100 Euro), appropriandosi del poter d’acquisto del denaro che crea a costo zero e senza garantirlo minimamente.
E’ un’incredibile regalia truffaldina ai danni della popolazione intera. Gli Stati pagano questa cifra con titoli di Stato, quindiindebitandosi. Su questo debito inestinguibile, pagheranno (pagheremo) gli interessi passivi per sempre. Con le tasse dei cittadini, o vendendo a privati beni primari, come le fonti d’acqua. Per contenere il debito pubblico, che è generato soprattutto dal costo dell’emissione del danaro che lo Stato paga alla BCE, ogni governo è costretto ad aumentare una pressione contributiva diretta ed indiretta sempre più alta nel tempo, che per alcuni soggetti, i più deboli, corrisponde adun prelievo forzoso di oltre il 60% del proprio guadagno.
Questo enorme profitto è incamerato ingiustamente, illegittimamente ed anticostituzionalmente dalla BCE, ovvero dai suoi soci, le Banche Nazionali, a loro volta controllate da soggetti privati. Queste Banche sono di proprietà privata, e, soprattutto, di gestione privata, anche se ingannevolmente vengono fatte passare per “pubbliche”. Gli utili che traggono dalla emissione monetaria vengono occultati attraverso bilanci ingannevoli, in cui si fa un’arbitraria compensazione dei guadagni da Signoraggio con inesistenti uscite patrimoniali. Dopo 60 anni di Signoraggio (il guadagno sull’emissione) esercitato da Bankitalia e BCE, l’Italia ha un enorme debito pubblico generato esclusivamente dai costi per l’emissione del danaro pagati alle Banche Centrali.
Se l’emissione del danaro fosse stata affidata allo Stato, senza creare debito, oggi non avremmo un solo euro di debito pubblico e le tasse da reddito potrebbero non esistere od incidere minimamente sui redditi da lavoro. Tutti i costi sociali (pubblico impiego, opere, scuole, ospedali) si sarebbero potuti coprire con i proventi da IVA (imposta sul valore aggiunto) magari maggiorata al 30% per i prodotti di lusso e non popolari, e da tasse su transazioni soggette a pubblica registrazione.
Senza usura contro lo Stato da parte delle Banche Centrali, che ha costretto lo Stato a vessare i propri cittadini con tasse spropositate (ricordate il prelievo sul conto corrente voluto dal banchiere Ciampi, travestito da uomo politico?), non bisognerebbe lavorare 30 anni per comprare una piccola casa, pagando tassi da usura. Non esisterebbe il degrado sociale, la povertà, il precariato, la delinquenza come mezzo di sopravvivenza di massa. Senza il Signoraggio delle Banche Centrali gli Stati non avrebbero più debiti e non sarebbero più costretti a tassare e tartassare i propri cittadini, a sottoporli a forme di controllo poliziesco per la determinazione dei redditi. I guadagni da lavoro dipendente ed autonomo sarebbero tutti legittimi, provati e dichiarabili senza timore, senza evasione, senza elusione, e l’unica tassa da riscuotere sarebbe quella sull’acquisto di beni e servizi, favorendo quelli per la sussistenza con aliquote più basse ed alzando le aliquote per i prodotti voluttuari e di lusso.
Ritornando la sovranità monetaria nelle mani degli Stati sovrani si eliminerebbe il debito degli stessi e di conseguenza di larga parte della popolazione. L’esistenza di noi tutti, condizionata e vincolata fin dalla nascita dal principio usurocratico del debito sarebbe sollevata dall’angoscia da rata, da scoperto di conto corrente, da pignoramento, da sfratto, da banca dati della puntualità dei pagamenti. Le nostre vite sarebbero liberate dall’assillo dal lavoro, del doppio lavoro, del bisogno di guadagnare tanto, per poi pagare il 60% del proprio guadagno allo Stato, perché lo Stato è sotto l’usura dei Banchieri.
Merita trattazione a parte l’analisi delle influenze sulla nostra vita dell’assillo economico. Influenze negative di carattere psichico, culturale, sociale. Con i drammi della povertà, dell’emigrazione, del doppio lavoro familiare, del lavoro precario, del lavoro insicuro, delle pensioni minime, che, senza la voracità da usura delle Banche Centrali, si sarebbero potuti evitare. Sottoponiamo l’appello a deputati, senatori, giornalisti, intellettuali, contestatori, anticonformisti, per promuovere la proposta di legge che faccia tornare l’emissione monetaria in mano statale, ovvero politica e popolare. Diffondiamo la verità negata: viviamo in una dittatura bancaria che impone a tutti l’angoscia esistenziale della vita basata sui debiti.

Azzeriamo il debito degli Stati
Eliminiamo la schiavitù degli indebitati per sopravvivere
Riprendiamoci la nostra vita e la nostra libertà

sabato, luglio 11, 2009

Un italiano: Giorgio Ambrosoli

"Anna carissima,
è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti [...] E' indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il Paese. Ricordi i giorni dell'Umi (Unione Monarchica Italiana, NdA), le speranze mai realizzate di fare politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo e ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di avere avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo.
I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo che saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [...] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa [...]".

Lettera di Giorgio Ambrosoli alla moglie.
Giorgio Ambrosoli fu nominato luquidatore della Banca Privata Italiana controllata da Michele Sindona, il quale fu condannato all'ergastolo per averne ordinato l'omicidio.
Giorgio Ambrosoli fu ammazzato sotto casa l'11 luglio 1979 da William Arico, un sicario abituale di "Cosa Nostra" statunitense.
Una parte di massoneria italiana sapeva ed avallò quell'omicidio.