venerdì, settembre 24, 2010

Ci eravamo persi questo. Chiediamoci perché.

Tratto dal sito "Ticino on line" del 4/6/2009: http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=464556&idsezione=1&idsito=1&idtipo=3

Sequestro record: 134 miliardi di dollari in titoli americani

CHIASSO - Lo scorso 1° giugno, presso la stazione ferroviaria internazionale di Chiasso, i Funzionari della SOT (Sezione Operativa Territoriale) di Chiasso, in collaborazione con i militari della Guardia di Finanza del Gruppo di Ponte Chiasso, hanno portato a termine un sequestro record di titoli statunitensi. Il sequestro è avvenuto nel nel corso di normali controlli volti a contrastare il traffico illecito di capitali e ammonta a 134 miliardi di dollari (al cambio 143 miliardi di franchi), pari ad un controvalore in euro di oltre 96 miliardi.

I valori erano posseduti da due cinquantenni giapponesi scesi alla stazione ferroviaria di Chiasso da un treno proveniente dall’Italia che, al momento del controllo doganale, dichiaravano di non avere nulla da dichiarare. Un’accurata verifica dei loro bagagli consentiva invece di rinvenire, occultati sul fondo di una valigia, in uno scomparto chiuso e separato da quello contenente gli indumenti personali, n. 249 bond della “Federal Reserve” americana, del valore nominale di 500 milioni ciascuno e 10 “Bond Kennedy” del valore nominale di 1 miliardo di dollari ciascuno, oltre a cospicua documentazione bancaria in originale.

Per i bond e la documentazione di interesse valutario che li accompagnava, anch’essa sottoposta a sequestro, sono attualmente in corso indagini tendenti a stabilire l’autenticità dei titoli e la loro provenienza. Qualora i titoli risultassero autentici, in base alla vigente normativa valutaria, la sanzione amministrativa applicabile ai possessori potrebbe raggiungere i 38 miliardi di euro, pari al 40% della somma eccedente la franchigia ammessa di € 10.000.

martedì, settembre 21, 2010

Roberto Saviano ospite di Alessandro Profumo a Sabaudia?

Tratto da: "Il Fatto Quotidiano"

19 settembre 2010


di Nando dalla Chiesa

Farai la fine delle cornacchie. Le cornacchie sono quelle disseminate a mazzi di cadaveri sul lungomare di Sabaudia nei giorni che Roberto Saviano è stato ospite annunciato nella villa del banchiere Alessandro Profumo. Il bigliettino con il messaggio è infilato nel tergicristallo dell’auto. La destinataria si chiama Maria Sole Galeazzi e fa la giornalista pubblicista. Lavora da sei anni nella redazione di Latina Oggi, già proprietà di Ciarrapico e ora gestito da una cooperativa di giornalisti e poligrafici. Latina Oggi ha avuto negli ultimi anni una sorte particolare. Di trasformarsi da quotidiano di una tranquilla e pigra provincia in testimone degli assalti condotti da una criminalità spregiudicata alla vita del basso Lazio. Di trovarsi a dovere garantire la libera informazione in un territorio assurto a caso nazionale. Grazie a Fondi, il comune che il prefetto Bruno Frattasi non è riuscito a fare sciogliere, il consiglio comunale davanti al quale deve alzare le mani anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni. La fortezza degli intrecci costruiti intorno all’ex sindaco Luigi Parisella dal senatore ed ex poliziotto Claudio Fazzone.

Maria Sole si è trovata lì, in quella redazione. Un’ingenuità combattiva, forse impreparata alla dimensione degli eventi. Trent’anni, una laurea in lettere su Savinio, come corrispondente da Fondi è finita a occuparsi con continuità dei clan di ‘ndrangheta e di camorra. Dai Pesce Bellocco ai casalesi. Nei primi mesi del 2008 arriva l’operazione Damasco 1 promossa dalla Dda di Roma, poi nel luglio del 2009 arriva la Damasco 2 da Napoli. Le due operazioni sono collegate. La prima finisce addosso agli imprenditori locali, la seconda alla cosca dei Tripodo, il padre Domenico e i figli Carmelo e Venanzio. E coinvolge anche funzionari e dirigenti del Comune (che vengono solo fatti ruotare di incarico). “Che ho fatto? Ma nulla. Ho solo dato conto di quanto stava scritto nelle ordinanze o nella relazione del prefetto. E ho scritto qualche breve commento per inquadrare. Se c’è una cosa che non voglio sembrare è l’eroina che ha fatto indagini proibite. Ci sono miei colleghi molto più esposti, per non parlare di quelli calabresi e campani sempre sotto tiro. Per un po’ di tempo non ho avuto altro che telefonate mute e qualche spintone di impazienza. Sa, qui succede ogni tanto con i cronisti. Una volta un mio collega venne picchiato perché arrivò in un capannone che aveva subito un incendio doloso e i proprietari non volevano parlare.”

Il guaio è che fare le cose più ovvie a volte significa esporsi, se non le fanno pure gli altri. Se le connivenze, come qui accade da tempo, sono larghe e regalano ai clan e ai loro amici il senso dell’impunità. Così le pressioni aumentano quando Maria Sole diventa corrispondente da Sabaudia, sua città di origine e luogo di vacanza per la buona borghesia romana e napoletana, ignara probabilmente di comprare la frutta trasportata dal clan Mallardo di Giugliano, monopolista sul mercato ortofrutticolo, o di prendersi il caffé al tavolino del bar aperto con capitali riciclati. Anche Sabaudia odora di clan. Ci sono arrivati con la benedizione dello Stato, al confino. Poi hanno fatto indisturbati quel che hanno voluto. Investimenti in immobili, nei rifiuti, nelle pompe funebri. E la politica non ha certo tirato su le barricate. Un grappolo di amministratori con problemi giudiziari per interessi contrastanti con quelli del Comune. Una consigliere comunale della maggioranza, Rosa Di Maio, rinviata a giudizio con padre e fratello e il clan Cava, camorra. Coinvolta in due sequestri patrimoniali. E il padre che aveva ottenuto in affitto manciate di locali di proprietà della Regione, accusato di subaffitto o di cambio di destinazione abusivo proprio in faccia al municipio. “Ne ha tirato fuori pure un megaristorante con terrazza, un locale da parrucchiere. E io che avrei dovuto fare? Tacere? Lo devo porre o no il problema di come faccia a restare un consigliere comunale rinviato a giudizio in quella compagnia? Devo domandare o no al Comune perchè non chiede in tempo alla Regione i fondi per demolire gli altri appartamenti sequestrati, costruiti a venti metri dal Parco del Circeo? Guardi qua le foto. Si rende conto? Io non ho fatto alcuna inchiesta, nessun articolo eccezionale, volendo sono cavolate. Però dobbiamo evitare che la situazione degeneri, perché a Sabaudia ormai le infiltrazioni sono forti”.

L’avviso delle cornacchie, infatti. Le mail. E le prime (inutili) lettere al direttore, Alessandro Panigutti, che cercano di denigrarla, che l’accusano di essere in combutta con gli affaristi, tirando in ballo la mamma, impiegata in provincia, e il padre titolare di una palestra e i suoi presunti interessi. Maria Sole non c’è stata più e ha fatto la denuncia. “Per il resto posso fregarmene, ma se tirano in ballo i miei genitori in quel modo obliquo proprio no. Mio nonno materno, Dino Bartolini, che è ancora vivo, quando era dirigente dell’Opera nazionale combattenti, rifiutò una tangente da un miliardo, sia chiaro. E a mia madre, per le denunce che fece su alcuni cantieri, avvelenarono due cani. Vede, io ho i piedi per terra. Per un giornalista di provincia la più grande soddisfazione arriva quando dopo un articolo su una buca per strada o sull’immondizia telefona un cittadino comune e ringrazia, dicendo che il problema è stato risolto ed è merito del tuo articolo. Certo sarebbe bello potere fare un’inchiesta di quelle che chiedono giorni e giorni di lavoro. Però non è il mio compito. Solo, guai a fare un passo indietro. Lo hanno già fatto in tanti...”.

lunedì, settembre 20, 2010

Perchè la banca d'Italia è fallita

di Marco Saba - 14/03/2009

Fonte: studimonetari

(Scrivo questo articolo perché ne prenda visione la commissione voluta dal Ministro dell'Economia Tremonti, istituita per elaborare e proporre nuove regole da presentare al G20 di aprile 2009)

Abuso della credulità popolare e appropriazione indebita del potere d'acquisto, reati contro il patrimonio ed una catena margherita di frodi ai danni del pubblico sono solo alcune delle peculiarietà del nostro sistema bancario attuale (1) basato sul "miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci" che deriva dal meccanismo truffaldino della riserva frazionaria. Ne ho parlato diffusamente nei miei libri (2) ed in precedenti articoli (3) ma qui aggiungerò alcune considerazioni inedite. Il rischio fondamentale che sta correndo il sistema è che il pubblico si accorga che sta giocando una partita a poker dove un baro, il sistema bancario, viene sponsorizzato ad oltranza dallo stato. Questo trascinerà nel baratro ambedue, lasciando al popolo sovrano le macerie. Vediamo di ricapitolare, senza ri-capitolare - possibilmente.



Fin dall'inizio nel 1860 la banca centrale, che all'epoca si chiamava Banca Nazionale, barava nell'emissione delle banconote emettendone quattro volte la riserva aurea che aveva in deposito. Il rapporto era quindi uno a quattro e se tutti avessero chiesto la conversione delle banconote in oro, il sistema sarebbe subito fallito e non ci troveremmo nella condizione attuale. Invece, grazie ad una serie di artifici ed alla collusione di alcuni politici e statali, il sistema prosperò e siamo arrivati ad un rapporto attuale ufficiale di uno a cinquanta. Questo rapporto si è poi diluito ancor più col sistema dei derivati, ma per ora limitiamoci al "cinquantato credito". Un cinquantato credito non più verso una riserva aurea di cui si è appropriata di fatto la Banca d'Italia dopo il 1973, alla fine degli accordi Smithsoniani, ma verso la base monetaria creata dalle monete metalliche statali più le banconote private della BCE. Spiegherò il sistema illustrando un grave fraintendimento della criminologia contemporanea: il cosiddetto Schema Ponzi.

Lo "Schema Ponzi rivisitato"

In criminologia si fa riferimento allo Schema Ponzi per indicare una truffa in cui si raccolgono soldi promettendo dividendi elevati, dividendi che vengono prelevati direttamente dai nuovi aderenti allo schema secondo un sistema piramidale. Il sistema crolla quando finiscono i nuovi arrivati e diventa impossibile pagare ulteriormente i dividendi. Per questo è essenziale l'immigrazione continua di nuovi lavoratori, che pagano nuovi contributi, per mantenere in piedi lo Schema Ponzi del sistema pensionistico italiano, ma questo è un altro discorso... In realtà Carlo Ponzi negli anni venti del secolo scorso si era messo semplicemente d'accordo con un banchiere che praticava la riserva frazionaria, all'epoca al 10%. Ovvero, per ogni 100 dollari che Ponzi versava, il banchiere ne creava novecento e gliene ritornava 100 per pagare gli interessi. Cinquanta venivano distribuiti ai partecipanti allo schema e 50 se li teneva Ponzi. Al banchiere rimanevano 800 da prestare e reincassare, oltre agli interessi, tramite il "meccanismo del riflusso" - ovvero, incassando le rate ripagate periodicamente dai prestatari ed appropriandosene, proprio come fanno ancor oggi le banche. Così si spiega facilmente perché, anche quando ormai i quotidiani avevano montato uno scandalo descrivendo però il sistema come, appunto, uno Schema Ponzi tradizionale, la società di Ponzi riusciva ancora senza problema a rimborsare i clienti sia del capitale che degli interessi. Nel "vero" schema Ponzi, chi ci rimetteva erano le altre banche concorrenti che non partecipavano allo schema: mancando dei versamenti della moneta-base della clientela di Ponzi, non potevano innescare l'appropriazione indebita attraverso la moltiplicazione frazionaria. Bastava che si mettessero d'accordo tra banche, come fanno oggi attraverso la partecipazione in Bankitalia, per spartirsi proporzionalmente il malloppo, e tutto sarebbe andato a meraviglia...o quasi. Fino a quando cioè, come sta accadendo ora, una gran parte della popolazione si accorge del trucco. E' proprio perché i criminologi non sanno del reale funzionamento dello Schema Ponzi originale che diventa difficile individuare tutti quei crimini collegati a quel sistema. Per questo i magistrati non capiscono che le centrali internazionali del clearing interbancario, non sono altro che delle megalavanderie dei profitti dello "Schema Ponzi rivisitato". Tutto il denaro del riflusso bancario viene riciclato e lavato attraverso queste centrali di compensazione, attraverso migliaia conti "non pubblicati", come nel caso di Clearstream scoperto dal giornalista francese Denis Robert (4). Senza l'appropriazione indebita effettuata attraverso la privatizzazione della rendita monetaria, parecchie belle fortune sarebbero davvero inspiegabili...

Facciamo giustizia

La moneta emessa dalla privata Banca Centrale Europea (BCE) pesca nel potere d'acquisto di tutta la comunità europea, costretta ad accettarla perché "a corso legale", in realtà "corso forzoso". E questo è il primo 100% di valore che si paga in modo invisibile. Di più, quando lo stato ha bisogno di soldi, emette titoli di debito AL VALORE NOMINALE della moneta anziché sostenerne semplicemente le spese di emissione, come invece fa per le monetine metalliche. La BCE però nel bilancio occulta la rendita monetaria effettiva mettendola al passivo, sicché il cosiddetto signoraggio - come inteso da Bankitalia - risulta la differenza tra il falso passivo ed i titoli più i guadagni realizzati dalla banca centrale attraverso altre speculazioni e manipolazioni del mercato, messi all'attivo. La rendita monetaria quindi, illecita soprattutto perché privata e non incamerata come tassa di stato, viene chiamata signoraggio e la Banca d'Italia non ha nessuna intenzione di restituirla (5). Alla luce di quanto è emerso, è triste notare che il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha addirittura citato in giudizio il giornalista Ugo Gaudenzi che aveva osato chiamarlo "criminale". Draghi farebbe bene a ricordarsi le lezioni del suo professore Federico Caffè, che non era certo a favore di un sistema truffaldino destinato ad arricchire una "èlite di nati stanchi" - per non dir di peggio! - negando di fatto, alla popolazione la redistribuzione della ricchezza. Questa però la chiamerei meglio: "bancarotta morale". Invece di lottare disperatamente per rimandare l'inevitabile, consiglio a Draghi un ravvedimento operoso. Segua l'esempio del Prof. Nino Galloni, altro allievo di Caffè, e scriva libri per educare i giovani, piuttosto.
La magistratura in generale non può fornire una soluzione alla truffa dell'emissione monetaria a doppio debito dei cittadini, più gli interessi. Lo ha dimostrato una sentenza recente a sezioni riunite della Cassazione (6). Va anche notato che i magistrati vengono pagati dalla Tesoreria dello Stato, gestita misteriosamente dal 1907 dalla Banca d'Italia, senza regolare gara d'appalto ma attraverso un "tacito" rinnovo ventennale... Mi pare evidente che c'è un pauroso conflitto d'interessi incestuoso per cui codesti magistrati andrebbero automaticamente esonerati dalle cause che riguardano cittadini e banche. Per quanto se ne sa, solo il procuratore generale Bruno Tarquini, ormai a riposo, si è occupato dello scandalo monetario nel suo libro istruttivo "La banca, la moneta e l'usura - La Costituzione tradita", ControCorrente Edizioni, 2001. Un questore che aveva avviato una causa giudiziaria in merito, Arrigo Molinari, venne assassinato a coltellate poco prima della convocazione in Tribunale (27 settembre 2005)... La polizia europea antifrode - OLAF - se ne è lavata le mani nel 2005 (7). Lo stato occulta la piena verità sulle politiche monetarie attraverso il segreto di stato imposto per legge (8), in barba alla cosiddetta "trasparenza". Il nuovo statuto regionale federale lombardo (9) addirittura, travalicando le intenzioni della Costituzione nell'articolo sul referendum abrogativo, all'art. 50 paragrafo 2 recita: Non è ammessa l’iniziativa popolare in materia statutaria, elettorale, finanziaria, tributaria, di bilancio, di ratifica di accordi con Stati esteri e di intese con enti territoriali interni ad altro Stato o con altre Regioni.

Siamo quindi in un vuoto che potrà essere colmato attualmente solo attraverso l'istituzione di uno strumento quasi-monetario pubblico (10), e/o attraverso l'istituzione di giurie popolari, come nel caso della Corte d'Assise Speciale che giudicò i gerarchi fascisti nel dopoguerra, che facciano emergere i reati facendo piena luce (11), o, in caso estremo, attraverso l'insorgenza e la rivoluzione, come nell'America del 1776. Da notare, per finire, che la situazione del debito italiana è simile a quella della Francia del 1780, dove più della metà delle entrate andavano a servire il debito pubblico. Fu un fattore scatenante della rivoluzione francese del 1789...

A voi la scelta.




Note:

1) Per capire bene la somma di illegalità e mostruosità giuridiche nella gestione attuale del sistema del credito, dal punto di vista del diritto romano, è necessario ed opportuno leggere il testo del Prof. Jesus Huerta De Soto "Money, Bank Credit, and Economic Cycles". liberamente scaricabile da internet:
http://mises.org/books/desoto.pdf

2) "Bankenstein", ed. Nexus (2006), e "O la banca o la vita", Arianna Editrice (2008).

3) L'ultimo è "Salvataggio bancario, un brutto scherzo goliardico", Rinascita, 5 marzo 2009.

4) "Soldi - Il libro nero della finanza internazionale", di Denis Robert e Ernest Backes, Nuovi Mondi Media, 2004

5) Scrive la Banca d'Italia sul suo sito, in data 2 agosto 2006, ovvero sotto al governatorato di Mario Draghi: "Alla luce delle superiori considerazioni questo Istituto respingerà ogni ulteriore richiesta di pagamento di quote del reddito da signoraggio e far valere la decisione delle Sezioni Unite in ogni procedimento giurisdizionale allo stato pendente o che in futuro dovesse essere instaurato nei suoi confronti."
http://www.bancaditalia.it/bancomonete/signoraggio/signoraggio_ss_uu_comunicazione.pdf

6) Cass., sez. I, 21 giugno 2002, n. 9080 e Cass.16751/06, 21 luglio 2006.

7) Polizia Europea Antifrode OLAF: Non siamo competenti per indagini relative a presunte frodi connesse al fenomeno del cosiddetto "signoraggio" - 9 settembre 2005
http://studimonetari.org/articoli/olafesignoraggio.html

8) Il decreto n. 561 del 13 ottobre 1995, pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" n. 302 del 29 dicembre 1995.

9) http://www.parlamentiregionali.it/dbdata/documenti
/%5B482bef087b02c%5Dlombardia_14.05.08_IIlettura.pdf

10) Come proposto nel disegno di legge regionale sui Buoni Regionali di Solidarietà:
http://studimonetari.org/propostaleggeregionalebrs.pdf

11) Si tratterebbe di giudicare circa 320.000 bancari, evidenziando quei casi in cui si può dimostrare l'elemento psicologico del reato. I dirigenti e la direzione strategica delle banche sono quelli che rischiano di più, assieme ai dipendenti Bankitalia.
Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

domenica, settembre 19, 2010

La grecia e il signoraggio al cubo - di Giulietto Chiesa

Tratto da Nexus Edizioni: http://www.nexusedizioni.it/apri/Argomenti/Economia/La-grecia-e-il-signoraggio-al-cubo---di-Giulietto-Chiesa/

La grecia e il signoraggio al cubo - di Giulietto Chiesa
10/06/2010


L'hanno chiamata “operazione salvataggio” della Grecia. In realta' il cosiddetto “aiuto” del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea e' un'ulteriore bastonata collettiva inferta ai cittadini greci. Ulteriore, perche' la Grecia non si troverebbe in questa situazione se non avesse gia' perduto la sua sovranita'.

L'hanno gia' perduta, sotto i colpi del mercato finanziario mondiale, tutti gli altri Stati Europei. E la perdita della sovranita' e' racchiusa nella consegna, alla speculazione finanziaria internazionale, del suo debito. Basti dire che, se l'operazione “funzionera'”, il debito della Grecia passera' nei prossimi tre anni, dall'attuale 115% del prodotto interno lordo al 150. Cioe' si puo' gia' prevedere, matematicamente, che nel 2013 la situazione in Grecia sara' peggiore di quella di oggi, con un paese in recessione, disoccupazione crescente, consumi a terra.
Sempre che la ribellione popolare, nel frattempo, non sia sfociata nel sangue e non costringa un governo “socialista” a sparare sulla gente. E poi vedremo cosa succedera' ad altri due governi “socialisti”, Spagna e Portogallo, che stanno anticipando le mosse per evitare di trovarsi nella stessa situazione della Grecia. Ma le anticipano obbedendo alle direttive della finanza internazionale, fatte proprie dall'Unione Europea. Il che significa che la loro situazione s'aggravera' comunque, e il servizio sul debito, imposto dagli speculatori, diventera' sempre piu' grave. Perche'? Semplicemente perche' non si puo' trovare una soluzione all'interno della logica che ha prodotto il disastro della finanza mondiale, ai cui inizi (inizi, non fine) stiamo assistendo. Diranno, i giornali e le tv, che e' colpa dei greci, degli spagnoli, dei portoghesi, poi degli italiani, che vivono “al di sopra delle loro possibilita'”. E i gonzi ci crederanno, aiutati in questo dagli economisti di regime (quasi tutti) che hanno magnificato la truffa, essendone ampiamente remunerati.

Naturalmente la storia vera e' un'altra. E' la storia dell'Impero di questi ultimi 20 anni. Che ha imposto al mondo intero la sua globalizzazione. E cos'e' stata, in sostanza, la globalizzazione americana? Un trucco, inventato dall'e'lite finanziaria americana (protetta e fortificata dal dollaro come moneta mondiale, imposto con la forza) per costringere il mondo intero a pagare il suo debito, estero e di bilancio. Detto in termini piu' brutali, ma anche piu' esatti, un popolo, quello americano (e quello delle e'lites dei paesi ricchi e dei paesi meno ricchi) e' divenuto a tal punto consumatore compulsivo da essere ormai incapace di risparmiare. Il miliardo d'oro e' diventato un debitore cronico inguaribile. In primo luogo le classi medie americane.
Tutto e' stato fatto per tenerle (per tenerci) al guinzaglio con uno smodato livello di consumi, cioe' con un parossistico indebitamento. Il risparmio interno americano e' da tempo con segno negativo (consumi che superano i redditi). Chi paga? Paghera' il resto del mondo. Come? Attraverso la deregulation: la piu' gigantesca e spregiudicata manovra di raggiro violento mai tentata nella storia umana, se si eccettuano, forse, le costruzioni delle piramidi.
In cosa e' consistita la manovra? Nel consegnare ai mercati (a Wall Steet, che e' il mercato numero uno) gli strumenti per determinare, dall'esterno, le politiche economiche dei singoli paesi. E come si fa? Prendendo possesso dei titoli di debito di quei paesi, mettendoli in vendita e determinando i tassi d'interesse per il loro servizio. E' cosi' che tutti gli Stati sono diventati debitori, chi piu', chi meno. Non solo: debitori impossibilitati a pagare e costretti a indebitarsi ulteriormente presso gli stessi strozzini.
Per fare questo occorreva pero' un trucco preliminare: rendere le Banche Centrali del tutto indipendenti dai rispettivi governi e privatizzarle. In tal modo le Banche Centrali hanno lavorato per costringere i governi sotto le forche caudine dei mercati finanziari. Cioe' un pugno di qualche centinaio di persone, mai elette da nessuno, ha stretto una miriade di lacci attorno al collo dei popoli.

Quando i mercati finanziari sono crollati per conto proprio, ecco questa gang mondiale correre in soccorso alle banche truffatrici per salvarle. Con cosa? Con prestiti pubblici, pagati dai cittadini, a tassi quasi nulli. Ma le banche truffatrici, cosi' salvate, non hanno allargato il cappio con cui tenevano e tengono impiccati gli Stati ex sovrani. Che ora vanno in bancarotta uno dietro l'altro. E, per non andare in bancarotta, impongono misure restrittive drammatiche sui redditi della gente comune e sui servizi vitali per la popolazione. Cioe': per tenere in vita la speculazione selvaggia, che ha prodotto mondialmente, in questi ultimi decenni, un trasferimento netto di ricchezza dai poveri verso i ricchi attorno al 20% del Pil mondiale, si impoveriscono ancora gli strati piu' poveri della popolazione. Il rigore viene imposto non agli speculatori, ma ai cittadini.
Si spezza un patto sociale creando le condizioni per una esplosione di conflitti, dal quale sperano, sempre loro, di uscirne con soluzioni autoritarie. Questo e' il signoraggio elevato al cubo. C'e' una sola soluzione (ma non la si sente proporre dai sindacati, dai partiti che dovrebbero essere di sinistra, dalle opposizioni). Nazionalizzare il debito degli Stati e sottrarlo ai mercati finanziari. Il Giappone l'ha fatto, l'Argentina anche: entrambi ne sono usciti benissimo. Rinazionalizzare le Banche Centrali e' la seconda mossa indispensabile. Respingere la decisione europea di inasprire i controlli degli Stati da parte dei mercati finanziari.
E' la fine dell'Europa, dell'euro? Niente affatto. E' la fine della truffa. In ogni caso chi agita questi spauracchi dovrebbe sapere che questo meccanismo e' gia' al collasso, e non lo salvera' neppure la somma di sacrifici che si richiedono ai popoli incolpevoli e raggirati. Hanno ragione i greci che dicono: “non pagheremo”. Questa e' la risposta che deve risuonare in ogni piazza d'Europa.

giovedì, settembre 09, 2010

La campagna di Obama contro la scuola pubblica

Tratto da www.retescuole.it: http://www.retescuole.net/contenuto?id=20100903192626
L'amministrazione Obama e i media intensificano la campagna per ritenere "responsabili" gli insegnanti

di Tom Carter

Nelle settimane passate, l'amministrazione Obama, con il sostegno a squarciagola dei media controllati, ha lanciato una campagna contro gli insegnanti della scuola pubblica, incolpandoli del fallimento del sistema educativo degli USA.

Questa campagna propagandistica ha come suoi obiettivi principali la giustificazione di licenziamenti di massa di insegnanti, di svariati schemi di privatizzazione e di ampi tagli alla spesa mascherati da "incentivi" come parte del cosiddetto programma “Race to the Top”.

L'amministrazione Obama, avendo dissipato trilioni nella guerra e nei salvataggi di Wall Street, è decisa che la classe lavoratrice dovrebbe pagare per la crisi economica, incluso attraverso riduzioni nella pubblica istruzione.

A condurre la campagna è il segretario all'istruzione Arne Duncan, l'ex "amministratore delegato" delle Scuole Pubbliche di Chicago ed allievo della macchina del Partito Democratico di Chicago. All'inizio di questa settimana, Duncan è stato spedito ad un giro del "Coraggio in classe" in quattro stati, durante il quale si è congratulato con quegli stati che avevano più servilmente introdotto le "riforme" regressive richieste dall'amministrazione Obama.

Nel frattempo, Duncan ha continuato a reclamare "responsabilità" e "trasparenza" per gli insegnanti. Secondo Duncan, per il fallimento del sistema educativo USA non devono essere incolpati decenni di tagli di bilancio e di cattiva amministrazione ma gli insegnanti che adempiono miseramente al loro ruolo.

Duncan ha espressamente appoggiato la recente pubblicazione da parte del Los Angeles Times della "classifica del valore aggiunto" degli insegnanti, compresi i nomi dei docenti, basata sul rendimento degli studenti su prove standardizzate. "Sono un energico sostenitore della trasparenza", ha dichiarato Duncan. "Mettiamo fuori i dati sugli abbandoni, sull'iscrizione al college, sul completamento del college, sui tassi di inadempimento sui prestiti e su tutti gli altri tipi di dati che possono aiutarci a evidenziare il nostro eccezionale successo e aiutarci a comprendere meglio perché troppi dei nostri figli sono impreparati".

Duncan soprintende al cosiddetto programma “Race to the Top” intrapreso dall'amministrazione Obama. Il programma offre vari doni e incentivi agli stati per imporre "riforme" dell'istruzione richieste dall'amministrazione Obama, come privatizzare l'istruzione espandendo le charter school. Agli stati stessi—già disperati per finanziamenti—viene richiesto di competere l'uno con l'altro per i miseri fondi federali.

Gli stati che soddisfano le richieste reazionarie di Duncan e dell'amministrazione Obama sono intitolati ad una quota degli insignificanti $4 miliardi del denaro del “Race to the Top”. Per fare un paragone, il costo totale dei salvataggi di Wall Street è stato stimato a $23 trilioni, ovvero più di 5.700 volte tanto.

Il 24 agosto, l'amministrazione Obama ha rivelato che fin qui il District of Columbia e 13 stati si erano qualificati per il programma, compresi Delaware, Florida, Georgia, Hawaii, Maryland, Massachusetts, New York, North Carolina, Ohio, Rhode Island e Tennessee. Vistosi nella loro assenza dalla lista sono California e Michigan, dove le condizioni delle scuole sono particolarmente disperate.

Le richieste per aumentate charter school e per collegare il finanziamento al rendimento degli studenti su prove standardizzate sono state sollevate in precedenza dai repubblicani e incorporate del famigerato programma “No Child Left Behind” di George W. Bush. Una indicazione evidente della traiettoria verso destra dell'establishment politico USA è che l'amministrazione Obama ha incluso quelle stesse richieste nel suo aggressivo programma di "riforma" dell'istruzione. Chester Finn, assistente segretario all'istruzione sotto Ronald Reagan, ha raccontato a csmonitor.com che i repubblicani sono "senza parole ... non vi è nulla su cui vogliano litigare con Duncan".

Particolarmente vergognoso è stato il ruolo dei media USA nella settimana passata nell'attaccare gli insegnanti e nel promuovere i programmi di "riforma" dell'istruzione di Obama. Vi sono tutte le ragioni per credere che gli altri dirigenti delle grandi società dei medi stiano coordinando i loro sforzi con l'amministrazione Obama. A guidare il branco è il Los Angeles Times, che recentemente ha lanciato una grande rapporto speciale di "Classificazione degli insegnanti", presentando attacchi quotidiani agli insegnanti. Numerosi altri organi d'informazione si sono comportati nello stesso modo: la CNN ha lanciato un programma "Sistemare le nostre scuole", mentre la ABC ha lanciato "Crisi in classe".

Questa settimana, il Los Angeles Times ha provocatoriamente pubblicato i dati su 6.000 singoli insegnanti, completi di classifiche di "valore aggiunto" secondo il rendimento degli studenti su prove standardizzate. Duncan, da parte sua, ha incoraggiato la pubblicazione di questi dati da parte di altri quotidiani in giro per il paese.

L'utilizzo della terminologia "valore aggiunto" fa parte del tentativo per imporre i principi del profitto aziendale nella pubblica istruzione.

Un insegnante di Los Angeles ha paragonato le "classifiche" sul Los Angeles Times all'essere costretti a portare una "lettera scarlatta". Molti insegnanti hanno osservato che le classifiche prodotte paragonando i risultati delle prove degli studenti ha poca relazione con l'abilità dell'insegnante. Le prove standardizzate a scelta multipla esaminano uno stretto spettro di abilità come matematica, vocabolario e comprensione della lettura. Il pensiero critico, la scrittura, la creatività, la consapevolezza storica e culturale e la capacità artistica sono completamente ignorate. Un insegnante ha osservato che un docente potrebbe inavvertitamente abbassare la sua "classifica" permettendo agli studenti che hanno delle difficoltà di trasferirsi nella sua classe, come fanno molti eccellenti insegnanti.

La campagna dell'amministrazione Obama contro gli insegnanti è iniziata con un discorso che lo stesso Obama ha dato il 29 luglio, nel quale richiedeva "qualche misura di responsabilità" per gli insegnanti. Obama ha dichiarato che "anche se applaudiamo agli insegnanti per il loro duro lavoro, dobbiamo essere certi di vedere risultati in classe. Se non vediamo risultati in classe, allora lavoriamo con gli insegnanti per aiutarli a diventare più efficaci".

"Se questo non funziona", ha aggiunto Obama in modo minaccioso", troviamo l'insegnante giusto per quella classe".

Le richieste di "responsabilità" dell'amministrazione Obama sono assoluta ipocrisia e dovrebbero essere respinte con disprezzo. Sotto Obama, non vi è nessuna "responsabilità" per quei politici che hanno promulgato i tagli di bilancio che hanno devastato l'istruzione pubblica e i programmi sociali.

Non vi è nessuna "responsabilità" per gli alti generali e i politici che hanno autorizzato e organizzato crimini di guerra e tortura. Non vi è nessuna "responsabilità" per alti dirigenti, banchieri, investitori e finanzieri la cui sconsiderata spinta al profitto ha aggravato immensamente la crisi economica. Nel frattempo, gli insegnanti della scuola pubblica, molti dei quali fanno sforzi eroici per sollevare i cuori e le menti dei giovani contro ostacoli tremendi, devono essere "ritenuti responsabili".

lunedì, settembre 06, 2010

Cos'è questo golpe? Io so

Corriere della Sera, 14 novembre 1974

Cos'è questo golpe? Io so

di Pier Paolo Pasolini

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.
Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.

Pier Paolo Pasolini

Il vuoto del potere

Corriere della Sera, 1 febbraio 1975

"Il vuoto del potere" ovvero "l'articolo delle lucciole"

di Pier Paolo Pasolini

La distinzione tra fascismo aggettivo e fascismo sostantivo risale niente meno che al giornale "Il Politecnico", cioè all'immediato dopoguerra..." Così comincia un intervento di Franco Fortini sul fascismo ("L'Europeo, 26-12-1974): intervento che, come si dice, io sottoscrivo tutto, e pienamente. Non posso però sottoscrivere il tendenzioso esordio. Infatti la distinzione tra "fascismi" fatta sul "Politecnico" non è né pertinente né attuale. Essa poteva valere ancora fino a circa una decina di anni fa: quando il regime democristiano era ancora la pura e semplice continuazione del regime fascista. Ma una decina di anni fa, è successo "qualcosa". "Qualcosa" che non c'era e non era prevedibile non solo ai tempi del "Politecnico", ma nemmeno un anno prima che accadesse (o addirittura, come vedremo, mentre accadeva).
Il confronto reale tra "fascismi" non può essere dunque "cronologicamente", tra il fascismo fascista e il fascismo democristiano: ma tra il fascismo fascista e il fascismo radicalmente, totalmente, imprevedibilmente nuovo che è nato da quel "qualcosa" che è successo una decina di anni fa.
Poiché sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno discuto, con altri scrittori, mi si lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che è successo in Italia una decina di anni fa. Ciò servirà a semplificare e ad abbreviare il nostro discorso (e probabilmente a capirlo anche meglio).
Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta).
Quel "qualcosa" che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque "scomparsa delle lucciole".
Il regime democristiano ha avuto due fasi assolutamente distinte, che non solo non si possono confrontare tra loro, implicandone una certa continuità, ma sono diventate addirittura storicamente incommensurabili. La prima fase di tale regime (come giustamente hanno sempre insistito a chiamarlo i radicali) è quella che va dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole, la seconda fase è quella che va dalla scomparsa delle lucciole a oggi. Osserviamole una alla volta.

Prima della scomparsa delle lucciole
La continuità tra fascismo fascista e fascismo democristiano è completa e assoluta. Taccio su ciò, che a questo proposito, si diceva anche allora, magari appunto nel "Politecnico": la mancata epurazione, la continuità dei codici, la violenza poliziesca, il disprezzo per la Costituzione. E mi soffermo su ciò che ha poi contato in una coscienza storica retrospettiva. La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura fascista, era spudoratamente formale.
Si fondava su una maggioranza assoluta ottenuta attraverso i voti di enormi strati di ceti medi e di enormi masse contadine, gestiti dal Vaticano. Tale gestione del Vaticano era possibile solo se fondata su un regime totalmente repressivo. In tale universo i "valori" che contavano erano gli stessi che per il fascismo: la Chiesa, la Patria, la famiglia, l'obbedienza, la disciplina, l'ordine, il risparmio, la moralità. Tali "valori" (come del resto durante il fascismo) erano "anche reali": appartenevano cioè alle culture particolari e concrete che costituivano l'Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale. Ma nel momento in cui venivano assunti a "valori" nazionali non potevano che perdere ogni realtà, e divenire atroce, stupido, repressivo conformismo di Stato: il conformismo del potere fascista e democristiano. Provincialità, rozzezza e ignoranza sia delle "élites" che, a livello diverso, delle masse, erano uguali sia durante il fascismo sia durante la prima fase del regime democristiano. Paradigmi di questa ignoranza erano il pragmatismo e il formalismo vaticani.
Tutto ciò che risulta chiaro e inequivocabilmente oggi, perché allora si nutrivano, da parte degli intellettuali e degli oppositori, insensate speranze. Si sperava che tutto ciò non fosse completamente vero, e che la democrazia formale contasse in fondo qualcosa. Ora, prima di passare alla seconda fase, dovrò dedicare qualche riga al momento di transizione.

Durante la scomparsa delle lucciole
In questo periodo la distinzione tra fascismo e fascismo operata sul "Politecnico" poteva anche funzionare. Infatti sia il grande paese che si stava formando dentro il paese - cioè la massa operaia e contadina organizzata dal PCI - sia gli intellettuali anche più avanzati e critici, non si erano accorti che "le lucciole stavano scomparendo". Essi erano informati abbastanza bene dalla sociologia (che in quegli anni aveva messo in crisi il metodo dell'analisi marxista): ma erano informazioni ancora non vissute, in sostanza formalistiche. Nessuno poteva sospettare la realtà storica che sarebbe stato l'immediato futuro; né identificare quello che allora si chiamava "benessere" con lo "sviluppo" che avrebbe dovuto realizzare in Italia per la prima volta pienamente il "genocidio" di cui nel "Manifesto" parlava Marx.

Dopo la scomparsa delle lucciole
I "valori" nazionalizzati e quindi falsificati del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, di colpo non contano più. Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralità non contano più. E non servono neanche più in quanto falsi. Essi sopravvivono nel clerico-fascismo emarginato (anche il MSI in sostanza li ripudia). A sostituirli sono i "valori" di un nuovo tipo di civiltà, totalmente "altra" rispetto alla civiltà contadina e paleoindustriale. Questa esperienza è stata fatta già da altri Stati. Ma in Italia essa è del tutto particolare, perché si tratta della prima "unificazione" reale subita dal nostro paese; mentre negli altri paesi essa si sovrappone con una certa logica alla unificazione monarchica e alla ulteriore unificazione della rivoluzione borghese e industriale. Il trauma italiano del contatto tra l'"arcaicità" pluralistica e il livellamento industriale ha forse un solo precedente: la Germania prima di Hitler. Anche qui i valori delle diverse culture particolaristiche sono stati distrutti dalla violenta omologazione dell'industrializzazione: con la conseguente formazione di quelle enormi masse, non più antiche (contadine, artigiane) e non ancor moderne (borghesi), che hanno costituito il selvaggio, aberrante, imponderabile corpo delle truppe naziste.
In Italia sta succedendo qualcosa di simile: e con ancora maggiore violenza, poiché l'industrializzazione degli anni Settanta costituisce una "mutazione" decisiva anche rispetto a quella tedesca di cinquant'anni fa. Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a "tempi nuovi", ma a una nuova epoca della storia umana, di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiche. Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico. Essi sono diventati in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io, purtroppo, questa gente italiana, l'avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in opposizione disperata a essi), sia al di fuori degli schemi populisti e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque "coi miei sensi" il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiani, fino a una irreversibile degradazione. Cosa che non era accaduta durante il fascismo fascista, periodo in cui il comportamento era completamente dissociato dalla coscienza. Vanamente il potere "totalitario" iterava e reiterava le sue imposizioni comportamentistiche: la coscienza non ne era implicata. I "modelli" fascisti non erano che maschere, da mettere e levare. Quando il fascismo fascista è caduto, tutto è tornato come prima. Lo si è visto anche in Portogallo: dopo quarant'anni di fascismo, il popolo portoghese ha celebrato il primo maggio come se l'ultimo lo avesse celebrato l'anno prima.
È ridicolo dunque che Fortini retrodati la distinzione tra fascismo e fascismo al primo dopoguerra: la distinzione tra il fascismo fascista e il fascismo di questa seconda fase del potere democristiano non solo non ha confronti nella nostra storia, ma probabilmente nell'intera storia.
Io tuttavia non scrivo il presente articolo solo per polemizzare su questo punto, benché esso mi stia molto a cuore. Scrivo il presente articolo in realtà per una ragione molto diversa. Eccola.
Tutti i miei lettori si saranno certamente accorti del cambiamento dei potenti democristiani: in pochi mesi, essi sono diventati delle maschere funebri. È vero: essi continuano a sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerità incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce di buon umore. Quando non si tratti dell'ammiccante luce dell'arguzia e della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicità. Inoltre, i nostri potenti continuano imperterriti i loro sproloqui incomprensibili; in cui galleggiano i "flatus vocis" delle solite promesse stereotipe. In realtà essi sono appunto delle maschere. Son certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d'ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto. La spiegazione è semplice: oggi in realtà in Italia c'è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé.
Come siamo giunti, a questo vuoto? O, meglio, "come ci sono giunti gli uomini di potere?".
La spiegazione, ancora, è semplice: gli uomini di potere democristiani sono passati dalla "fase delle lucciole" alla "fase della scomparsa delle lucciole" senza accorgersene. Per quanto ciò possa sembrare prossimo alla criminalità la loro inconsapevolezza su questo punto è stata assoluta; non hanno sospettato minimamente che il potere, che essi detenevano e gestivano, non stava semplicemente subendo una "normale" evoluzione, ma sta cambiando radicalmente natura.
Essi si sono illusi che nel loro regime tutto sostanzialmente sarebbe stato uguale: che, per esempio, avrebbero potuto contare in eterno sul Vaticano: senza accorgersi che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, non sapeva più che farsene del Vaticano quale centro di vita contadina, retrograda, povera. Essi si erano illusi di poter contare in eterno su un esercito nazionalista (come appunto i loro predecessori fascisti): e non vedevano che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, già manovrava per gettare la base di eserciti nuovi in quanto transnazionali, quasi polizie tecnocratiche. E lo stesso si dica per la famiglia, costretta, senza soluzione di continuità dai tempi del fascismo, al risparmio, alla moralità: ora il potere dei consumi imponeva a essa cambiamenti radicali nel senso della modernità, fino ad accettare il divorzio, e ormai, potenzialmente, tutto il resto, senza più limiti (o almeno fino ai limiti consentiti dalla permissività del nuovo potere, peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante).
Gli uomini del potere democristiani hanno subito tutto questo, credendo di amministrarselo e soprattutto di manipolarselo. Non si sono accorti che esso era "altro": incommensurabile non solo a loro ma a tutta una forma di civiltà. Come sempre (cfr. Gramsci) solo nella lingua si sono avuti dei sintomi. Nella fase di transizione - ossia "durante" la scomparsa delle lucciole - gli uomini di potere democristiani hanno quasi bruscamente cambiato il loro modo di esprimersi, adottando un linguaggio completamente nuovo (del resto incomprensibile come il latino): specialmente Aldo Moro: cioè (per una enigmatica correlazione) colui che appare come il meno implicato di tutti nelle cose orribili che sono state, organizzate dal '69 ad oggi, nel tentativo, finora formalmente riuscito, di conservare comunque il potere.
Dico formalmente perché, ripeto, nella realtà, i potenti democristiani coprono con la loro manovra da automi e i loro sorrisi, il vuoto. Il potere reale procede senza di loro: ed essi non hanno più nelle mani che quegli inutili apparati che, di essi, rendono reale nient'altro che il luttuoso doppiopetto.
Tuttavia nella storia il "vuoto" non può sussistere: esso può essere predicato solo in astratto e per assurdo. È probabile che in effetti il "vuoto" di cui parlo stia già riempiendosi, attraverso una crisi e un riassestamento che non può non sconvolgere l'intera nazione. Ne è un indice ad esempio l'attesa "morbosa" del colpo di Stato. Quasi che si trattasse soltanto di "sostituire" il gruppo di uomini che ci ha tanto spaventosamente governati per trenta anni, portando l'Italia al disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico.
In realtà la falsa sostituzione di queste "teste di legno" (non meno, anzi più funereamente carnevalesche), attuata attraverso l'artificiale rinforzamento dei vecchi apparati del potere fascista, non servirebbe a niente (e sia chiaro che, in tal caso, la "truppa" sarebbe, già per sua costituzione, nazista). Il potere reale che da una decina di anni le "teste di legno" hanno servito senza accorgersi della sua realtà: ecco qualcosa che potrebbe aver già riempito il "vuoto" (vanificando anche la possibile partecipazione al governo del grande paese comunista che è nato nello sfacelo dell'Italia: perché non si tratta di "governare"). Di tale "potere reale" noi abbiamo immagini astratte e in fondo apocalittiche: non sappiamo raffigurarci quali "forme" esso assumerebbe sostituendosi direttamente ai servi che l'hanno preso per una semplice "modernizzazione" di tecniche. Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l'intera Montedison per una lucciola.

Pier Paolo Pasolini

Voi, diffusori dell'inganno

Corriere della Sera, 1 novembre 2000

«Voi, diffusori dell’inganno»

di Pier Paolo Pasolini

Roma, 30 aprile 1972

Caro ineffabile Ottone, sarebbe ora ti vergognassi per quello che «fai» scrivere ai tuoi disonesti redattori sul Vietnam! È un atto vergognoso che solo i servi e quelli che come te non possiedono alcuna dignità morale hanno l’impudenza di compiere. Perché non sei ignorante tu, dal momento che una volta almeno il testo del Trattato di Ginevra si deve presumere che l’hai letto; sei solo in malafede, tu come il tuo galoppino Sormani che scrive i suoi sudici e cinici articoli dal Vietnam perché i lettori benpensanti leggano sul tuo giornale «tanto serio e autorevole» quello che s’aspettano da una stampa padrona in casa e serva e servile fuori. Non è poi un caso che non ti salterebbe mai in testa, né a te né a nessuno della tua immorale falange, di pubblicare per esteso un documento che parla così chiaro come il testo di quel trattato, che la tua e la vostra vocazione all’illibertà e la tua e la vostra mancanza di coraggio morale offendono quotidianamente. E allora, direttore, con che animo tu, voi avete la spudoratezza di cogliere ogni occasione per parlare di libertà di stampa, quando tu e voi di questa libertà fate volgare mercimonio irridendo ai suoi valori con l’inconfessato e inconfessabile scopo di concimare l’ignoranza e diffondere l’inganno? Dunque, caro Ottone, se t’insegno a chiamare ogni cosa col nome che gli conviene, vorrai non avertene come uomo (come direttore sarebbe pretendere l’impossibile) se ti dico che sei una triviale e laida puttana. A Cesare quel che è di Cesare, alle puttane... E ora seguita pure a venderti per comprare gli altri. Lascia pure lo spazio della tua rubrica alla lettera della gentile signorina Cesira che essendosi fratturata la caviglia sciando a Cortina si interessa tanto ad un nuovo metodo per aggiustarsela (vivaddio, visto che non ci hanno regalato la riforma sanitaria è pur sempre qualcosa che vi interessiate almeno voi di qualche questione spicciola, davvero!). Infatti comprendo perfettamente che questa mia non puoi pubblicarla per non solleticare la pruderie dei tuoi cari lettori che non d’altro arrossirebbero se non di quel «puttana» che ti dò.
Prendi però nota di questo, direttore: anche fra i tuoi lettori sono sempre meno quelli che accendono i loro «ceri» con la tua lascivia. È un fatto che potrebbe riuscire utile sapere in Consiglio di amministrazione. Ma aspetta, dove vai, finisci di leggere la lettera prima di andarglielo a dire!? Scherzi a parte, caro Ottone, attento che la Crespi non scarichi anche te, sarebbe così cattivona e antidemocratica... che faremo tutti quadrato intorno a te e a Indro e a Spadolini contro l’attacco padronale... oibò! Ma tu una cosa ricorda soprattutto, come direttore-difensore-della-libertà-di-stampa-e-non-solo-di-questa-ma-anche-delle-libertà-democratiche: quelli che oggi sono gli sfruttati e gli oppressi spazzeranno via voi e le vostre libertà. Costoro sanno oggi meglio che mai che questa non è retorica millenaristica.
Ciao e a presto

Pier Paolo Pasolini