domenica, gennaio 15, 2012

L'ignoranza è forza


Tratto da "1984" di George Orwell

«Capitolo I: L'ignoranza è forza
Nell'intero corso del tempo, forse a partire dalla fine del Neolitico, sono esistiti al mondo tre tipi di persone: gli Alti, i Medi e i Bassi. Essi si sono ulteriormente suddivisi, ricevendo un numero infinito di nomi diversi, mentre la consistenza di ogni singolo gruppo, così come l'atteggiamento di un gruppo verso l'altro, hanno conosciuto cambiamenti di epoca in epoca. La struttura fondamentale della società è però rimasta inalterata. Perfino dopo sconvolgimenti enormi e dopo mutamenti all'apparenza irreversibili, questo schema si è costantemente riproposto, come un giroscopio che, in qualunque direzione e con qualunque forza lo si spinga, ritorna sempre in perfetto equilibrio. Gli obiettivi di questi tre gruppi sono assolutamente inconciliabili fra loro. Lo scopo principale degli Alti è quello di restare al loro posto, quello dei Medi di mettersi al posto degli Alti. Obiettivo dei Bassi, sempre che ne abbiano uno (è infatti una caratteristica costante dei Bassi essere troppo disfatti dalla fatica per prendere coscienza, se non occasionalmente, di ciò che esula dalle loro esistenze quotidiane), è invece l'abolizione di tutte le distinzioni e la creazione di una società in cui tutti gli uomini siano uguali fra loro. In tal modo nel corso della storia si ripropone costantemente una lotta sempre uguale a se stessa nelle sue linee essenziali. Per lunghi periodi si ha l'impressione che gli Alti siano saldamente al loro posto, ma prima o poi giunge il momento in cui o smarriscono la fiducia in se stessi, o perdono la capacità di governare, o si verificano entrambe le cose. Sono allora rovesciati dai Medi, che attirano i Bassi dalla loro parte fingendo di lottare per la giustizia e la libertà. Conseguito il loro obiettivo, i Medi ricacciano i Bassi alla loro condizione di servaggio, diventando a loro volta Alti. Ben presto da uno dei
due gruppi rimanenti, o da entrambi, ne germina uno nuovo di Medi, e la lotta ricomincia da capo. Dei tre gruppi, soltanto quello dei Bassi non riesce mai a realizzare i propri fini, nemmeno temporaneamente. Sarebbe eccessivo sostenere che nel corso della Storia non ci siano stati miglioramenti materiali di alcun genere. Perfino in un periodo di decadenza quale quello attuale, l'uomo medio si trova in condizioni materiali migliori rispetto a qualche secolo fa, ma nessun incremento nel benessere, nessun addolcimento dei costumi, nessuna riforma o rivoluzione hanno minimamente favorito l'uguaglianza fra gli uomini. Dal punto di vista dei Bassi, ogni mutamento storico ha prodotto solo un cambiamento per quanto riguardava il nome dei loro padroni. Alla fine del XIX secolo il carattere ricorrente di questo schema era diventato ovvio agli occhi di
molti osservatori. Sorsero allora scuole di pensiero che identificarono la Storia con un processo ciclico e sostennero con forza l'idea che l'ineguaglianza fosse una legge inalterabile della vita umana. Una simile teoria aveva sempre avuto i suoi sostenitori, naturalmente, ma era stato introdotto ora un cambiamento significativo nel modo di proporla. In passato erano stati soprattutto gli Alti a farsi assertori della dottrina che proclamava la necessità di una società organizzata gerarchicamente. L'avevano predicata i re, gli aristocratici e i loro parassiti, vale a dire preti, giuristi e personaggi consimili, in genere mitigandola con la promessa di una ricompensa post mortem. Nel corso delle varie lotte per la conquista del potere, i Medi avevano sempre utilizzato termini come libertà, giustizia e fratellanza. Ora, però, il concetto di fratellanza fra gli uomini cominciò a essere attaccato da persone che non avevano ancora posizioni egemoni, ma coltivavano semplicemente la speranza di giungervi quanto prima. In passato i Medi avevano fatto delle rivoluzioni sotto la bandiera dell'uguaglianza, salvo poi imporre una nuova tirannia non appena quella vecchia era stata abbattuta. I nuovi gruppi Medi, invece, manifestavano in anticipo le loro intenzioni tiranniche. Il Socialismo, una teoria apparsa all'inizio del XIX secolo, ultimo anello di una catena di pensiero che risaliva all'indietro fino alle rivolte degli schiavi del mondo antico, era ancora profondamente imbevuto delle tendenze utopistiche del passato. Eppure, in tutte le varianti del Socialismo che comparvero all'incirca dal 1900 in poi, il fine di stabilire la libertà e l'uguaglianza venne negato in maniera sempre più aperta. I nuovi movimenti che fecero la loro comparsa durante la metà del secolo, e cioè il Socing in Oceania, il Neobolscevismo in Eurasia e il Culto della Morte, come lo
chiamano in Estasia, perseguiva in maniera del tutto conscia il fine della mancanza di libertà e della ineguaglianza. Ovviamente questi nuovi movimenti si generarono da quelli precedenti, il più delle volte serbandone il nome e difendendone formalmente l'ideologia. Tutti, però, perseguivano lo scopo di arrestare il progresso e congelare il divenire storico.
La ben nota oscillazione del pendolo doveva verificarsi per una volta ancora, poi il pendolo si doveva fermare. Come al solito, gli Alti dovevano essere cacciati dai Medi; stavolta, però, in conseguenza di una strategia ben programmata, gli Alti sarebbero riusciti a mantenere le loro posizioni per sempre.
La nascita delle nuove dottrine fu favorita in parte dalla sedimentazione della conoscenza storica e dalla crescita del senso della Storia, che prima del XIX secolo quasi non esisteva. Era possibile, adesso, comprendere il movimento ciclico della Storia; e se lo si poteva comprendere, lo si poteva anche alterare. Tuttavia la causa principale, sia pure sottaciuta, dipendeva dal fatto che già a partire dai primi anni del XX secolo l'uguaglianza fra gli uomini era diventata tecnicamente possibile.
Era ancora vero che gli uomini non sono uguali per quanto riguarda le doti naturali e che la specializzazione delle funzioni è una necessità che favorisce alcuni a scapito di altri, ma non erano più indispensabili le distinzioni di classe, né differenze troppo marcate per quanto attiene al benessere. In epoche precedenti, le distinzioni di classe erano state non solo inevitabili ma auspicabili: il prezzo della civiltà era l'ineguaglianza.
Le cose cambiarono con l'introduzione delle macchine. Pur essendo ancora necessario che gli esseri umani facessero tipi di lavoro differenti, non aveva più importanza che vivessero a livelli sociali o economici diversi. Pertanto, dal punto di vista dei nuovi gruppi che stavano per impadronirsi del potere, l'uguaglianza fra gli uomini non era più uno scopo da perseguire ma un pericolo da evitare. In epoche più primitive, quando non era possibile edificare una società giusta e pacifica, era almeno abbastanza facile credere in un simile progetto. Per migliaia di anni l'immaginazione degli uomini era stata ossessionata dall'idea di un paradiso terrestre nel quale tutti vivessero in una condizione di fratellanza, senza leggi e senza il duro lavoro, e un simile sogno aveva fatto presa, almeno
in parte, anche su quei gruppi che in realtà traevano vantaggio da ogni cambiamento storico. Gli eredi delle rivoluzioni francese, inglese e americana avevano in parte creduto alle loro parole d'ordine sui diritti dell'uomo, sulla libertà di espressione, sull'uguaglianza di fronte alla legge e simili, e avevano perfino consentito che, entro certi limiti, la propria condotta ne fosse influenzata. Ma dopo una quarantina d'anni dall'inizio del XX secolo tutte le principali correnti di pensiero avevano conosciuto una svolta autoritaria. Il paradiso terrestre era caduto in discredito proprio quando la sua realizzazione era diventata possibile. Quale che fosse il loro nome, tutte le nuove teorie politiche avevano riesumato la gerarchia e l'irreggimentazione. Nel generale imbarbarimento che si impose intorno al 1930, pratiche che erano state abbandonate, in qualche caso per centinaia di anni — incarcerazioni senza processo, riduzione in schiavitù dei prigionieri di guerra, esecuzioni capitali in pubblico, ricorso alla tortura al fine di estorcere confessioni, uso di ostaggi e deportazione di intere popolazioni —, non solo ridiventarono comuni, ma furono tollerate e perfino difese da persone che si consideravano illuminate e progressiste.
Fu solo dopo un decennio di guerre civili e internazionali, rivoluzioni e controrivoluzioni in tutte le parti del mondo, che il Socing e gli altri sistemi rivali emersero come teorie politiche organiche. I vari sistemi totalitari apparsi all'inizio del secolo ne avevano però lasciato presagire la nascita, e da molto tempo era più che agevole dedurre quale organizzazione mondiale sarebbe potuta emergere dalla generale condizione di caos. Altrettanto ovvio era immaginare quale tipo di persone avrebbe controllato il mondo. La nuova aristocrazia era formata per la massima parte da burocrati, scienziati, tecnici, sindacalisti, esperti in pubblicità, sociologi, insegnanti, giornalisti e politici di professione. Costoro, le cui origini vanno rintracciate nelle classi medie salariate e nei gradi superiori della classe operaia, erano stati plasmati e amalgamati dallo sterile mondo dei monopoli industriali e delle forme centralizzate di governo.
Messi a paragone con i corrispondenti gruppi delle epoche passate, erano meno avidi, meno tentati dal lusso e dal potere in quanto tale; soprattutto, erano maggiormente consci delle loro azioni e più decisi nel loro intento di spazzare via l'opposizione. Quest'ultima differenza era di importanza capitale. Paragonate a quelle di oggi, tutte le tirannie del passato manifestavano una maggiore incertezza e inefficienza. I gruppi dirigenti erano comunque condizionati, almeno fino a un certo punto, da idee liberali, allentavano le briglie qua e là, prendevano in considerazione solo le azioni pubbliche, disinteressandosi di quello che i loro sottoposti pensavano veramente. Rispetto a quanto accade oggi, perfino la Chiesa cattolica medievale si poteva considerare tollerante. A parziale spiegazione di questo fenomeno sta il fatto che in passato non vi era governo che potesse tenere i cittadini sotto un controllo continuo. L'invenzione della stampa, però, rese più semplice manipolare l'opinione pubblica, un processo al quale diedero ulteriore impulso il cinema e la televisione. Il perfezionamento tecnico della televisione, in particolare, consentendo di ricevere e trasmettere simultaneamente immagini attraverso il medesimo strumento, pose fine alla vita privata. Ogni cittadino — almeno ogni cittadino tanto importante da giustificare un simile impegno — poteva essere osservato dalla polizia ventiquattr'ore su ventiquattro, e immerso nel sonoro della propaganda ufficiale, tenendo chiusi tutti gli altri canali di comunicazione. Per la prima volta diveniva possibile indurre nelle coscienze non solo una cieca obbedienza alla volontà dello Stato, ma anche una totale uniformità di opinioni.
Dopo la fase rivoluzionaria degli anni Cinquanta e Sessanta, la società si ricompattò, come al solito, nei gruppi degli Alti, dei Medi e dei Bassi.
Stavolta, però, e a differenza di quelli che li avevano preceduti, gli Alti sapevano perfettamente come agire per conservare le proprie posizioni e non fecero il benché minimo affidamento sull'istinto. Si era ormai capito da tempo che solo il collettivismo poteva garantire all'oligarchia il suo potere. Il benessere e il privilegio si difendono meglio quando sono un bene comune. Con la cosiddetta "abolizione della proprietà privata", introdotta intorno agli anni Cinquanta, si intendeva in realtà la concentrazione della proprietà in mani molto meno numerose che in passato, con questa differenza: che i nuovi padroni non erano più una massa di individui, ma un gruppo ristretto. Preso individualmente, nessun membro del Partito possiede nulla, a esclusione di insignificanti effetti personali.
Collettivamente, però, in Oceania il Partito possiede tutto, perché controlla ogni cosa, disponendo dei beni di produzione come meglio gli aggrada. Negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione era possibile assurgere a questa posizione di dominio senza eccessive difficoltà, perché l'intero processo veniva presentato come un processo di collettivizzazione. Si era sempre tenuto per certo che l'eventuale crollo del capitalismo avrebbe prodotto automaticamente il Socialismo. Sul fatto che i capitalisti fossero stati sconfitti non c'erano dubbi: le fabbriche, le miniere, la terra, le case, i trasporti, tutto era stato loro sottratto e, poiché questi beni non erano più proprietà privata, ne conseguiva che dovessero essere pubblici. Il Socing, che sorse dai primi movimenti socialisti e ne ereditò la fraseologia, non ha fatto altro che tradurre in pratica l'istanza di fondo del Socialismo, con il risultato, scientemente previsto e programmato, che l'ineguaglianza economica è diventata permanente.
Ma la questione di come fare per perpetuare una società gerarchica è più complessa. Esistono solo quattro modi perché un gruppo dirigente perda il potere: che sia sconfitto dall'esterno, che governi in maniera tanto inefficiente da spingere le masse alla rivolta, che consenta la formazione di un gruppo di Medi forte e animato dallo scontento, che perda la fiducia in se stesso e la voglia di governare. Tali fattori non sono mai attivi singolarmente, anzi nella gran parte dei casi entrano in gioco tutti e quattro contemporaneamente. Una classe dirigente capace di salvaguardarsi da tutti questi fattori resterebbe al potere in eterno. In fin dei conti, a risultare determinante è l'atteggiamento mentale della classe dirigente.
Dopo gli anni Cinquanta, il primo pericolo era praticamente scomparso. Ognuno dei tre stati che ora si spartiscono il mondo è in effetti inconquistabile: potrebbe correre un simile rischio solo attraverso lenti mutamenti demografici, che però un governo fornito di ampi poteri può agevolmente prevenire. Anche il secondo pericolo è puramente teorico.
Le masse non si ribellano mai in maniera spontanea, e non si ribellano perché sono oppresse. In realtà, fino a quando non si consente loro di poter fare confronti, non acquisiscono neanche coscienza di essere oppresse. Le periodiche crisi economiche del passato erano del tutto inutili e infatti oggi non si consente che si verifichino. È possibile che intervengano altri ostacoli, ugualmente rilevanti, ma non sortiscono alcun effetto da un punto di vista politico, perché il malcontento non ha alcun mezzo per esprimersi. Quanto al problema della sovrapproduzione, latente nella nostra società fin dal primo sviluppo delle macchine, lo si è risolto con lo stratagemma della guerra perenne (vedi cap. III), utile anche per mantenere il morale pubblico al livello desiderato. E pertanto, dal punto di vista dei nostri attuali governanti, gli unici pericoli veri sono rappresentati dalla nascita, in seguito a spaccature interne al Partito, di un gruppo di persone sottoutilizzate e assetate di potere, e dalla comparsa fra i propri ranghi di sentimenti liberali e scettici. Il problema, in altri termini, riguarda l'istruzione formale. Si tratta di rimodellare di continuo la coscienza sia del gruppo dirigente sia del più ampio gruppo operativo collocato a un livello immediatamente inferiore. La coscienza delle masse, per parte sua, può essere influenzata solo in maniera negativa.
Da tutte queste premesse, e ammettendo che non la conosca già, chiunque potrebbe dedurre la struttura generale della società dell'Oceania. Al vertice della piramide c'è il Grande Fratello. Egli è infallibile e potentissimo. Si dà per acquisito che ogni successo, ogni conquista, ogni vittoria, ogni scoperta scientifica, tutto il sapere, tutte le conoscenze, tutta la saggezza, tutte le virtù derivino direttamente dalla sua guida e dal suo stimolo. Nessuno ha mai visto il Grande Fratello. È un volto sui manifesti, una voce che viene dal teleschermo. Possiamo essere ragionevolmente certi che non morirà mai. Già adesso non si sa con certezza quando sia nato. Il Grande Fratello è il modo in cui il Partito sceglie di mostrarsi al mondo. Ha la funzione di agire da catalizzatore dell'amore, della paura e della venerazione, tutti sentimenti che è più facile provare per una singola persona che per un'organizzazione. Al di sotto del Grande Fratello c'è il Partito Interno, che comprende circa sei milioni di persone, che è come dire un po' meno del 2 per cento della popolazione dell'Oceania. Dopo il Partito Interno viene il Partito Esterno che, se paragoniamo quello Interno alla mente, può essere considerato il braccio dello Stato. E infine viene la massa silenziosa di coloro che abitualmente chiamiamo "prolet", che comprende all'incirca l'85 per cento della popolazione. Se ci rifacciamo alla tripartizione che abbiamo indicato prima, i prolet sono i Bassi. Le popolazioni asservite delle terre equatoriali, che passano di continuo da un conquistatore all'altro, non costituiscono, infatti, una sezione stabile o necessaria della struttura.
In linea di principio, l'appartenenza a uno di questi tre gruppi non è un fatto ereditario. In teoria il figlio di genitori affiliati al Partito Interno non ne è automaticamente membro di diritto. L'ammissione all'una o all'altra categoria del Partito avviene in base a un esame, che si sostiene all'età di sedici anni. Non esiste, inoltre, discriminazione razziale di sorta, né un dominio di una provincia su un'altra. Nei ranghi più elevati del Partito si ritrovano ebrei, negri, sudamericani purosangue, mentre gli  amministratori di una determinata area sono sempre scelti fra i cittadini  del posto. Non vi è regione dell'Oceania in cui gli abitanti abbiano la sensazione di essere una colonia governata da una capitale lontanissima.
L'Oceania non ha una capitale, e alla sua testa vi è una persona che nessuno sa dove si trovi. A eccezione del fatto che l'inglese ne è la lingua franca e la neolingua quella ufficiale, in Oceania non vi è centralizzazione. Coloro che la governano non sono legati fra loro da vincoli di sangue ma dall'adesione a una dottrina comune. È però vero che la nostra società è stratificata, altamente stratificata, secondo linee che a prima vista appaiono ereditarie. Fra i diversi gruppi vi è meno movimento verso l'alto o verso il basso di quanto ve ne fosse all'epoca del capitalismo o in età preindustriale. Un certo interscambio fra le due categorie del Partito esiste, ma solo quanto basta a escludere dal Partito Interno i soggetti più deboli e a rendere inoffensivi i membri più ambiziosi del Partito Interno consentendo loro di salire al livello superiore. In pratica i proletari non possono accedere al Partito: i più dotati, che potrebbero eventualmente raccogliere attorno a sé il malcontento, sono semplicemente individuati dalla Psicopolizia ed eliminati. Questo stato di cose, tuttavia, non è di
per sé permanente. Non si tratta neanche di questioni di principio. Il Partito non costituisce una classe nel vecchio senso della parola, tendente a trasmettere il potere ai propri figli in quanto tali: se non vi fossero altri mezzi per tenere i più capaci ai livelli più alti, il Partito sarebbe prontissimo a reclutare un'intera generazione dalle file del proletariato. Negli anni cruciali, il fatto che il Partito non fosse un corpo ereditario fu molto utile per neutralizzare l'opposizione. Il socialista di vecchio stampo, addestrato a lottare contro qualcosa che si chiamava "privilegio di classe", riteneva per certo che tutto ciò che non fosse ereditario non potesse essere permanente. Non capiva che la continuità di un'oligarchia non ha bisogno di essere fisica, né si soffermava sul fatto che le aristocrazie ereditarie hanno sempre avuto vita breve, laddove organizzazioni a carattere adottivo, come la Chiesa cattolica, sono talvolta durate centinaia o migliaia di anni. L'essenza del governo oligarchico non è l'eredità che passa di padre in figlio, ma la persistenza di una determinata visione del mondo e di un determinato modello di vita, che i morti impongono ai vivi.
Un gruppo dirigente è tale finché ha la possibilità di nominare i propri  successori. Al Partito non interessa perpetuare il proprio sangue, ma se stesso. Non è importante chi detenga il potere, purché la struttura gerarchica resti immutata.
Tutte le convinzioni, i costumi, i gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali che caratterizzano il nostro tempo sono stati in realtà programmati al solo fine di sostenere la mistica del Partito e di impedire che venga colta la vera natura della società contemporanea. Una rivolta vera e propria, o qualcosa che si avvicini a essa, è al momento impossibile.
Da parte dei proletari, in particolare, non vi è nulla da temere: abbandonati a se stessi, continueranno — generazione dopo generazione, secolo dopo secolo — a lavorare, generare e morire, privi non solo di qualsiasi impulso alla ribellione, ma anche della capacità di capire che il mondo potrebbe anche essere diverso da quello che è. Potrebbero diventare pericolosi solo se il progresso tecnico-industriale rendesse indispensabile alzare il livello della loro istruzione ma, poiché la concorrenza in campomilitare e commerciale non è più importante, il livello di istruzione della popolazione sta in effetti peggiorando. Ciò che le masse pensano o non pensano incontra la massima indifferenza. A loro può essere garantita la libertà intellettuale proprio perché non hanno intelletto. A un membro del Partito, invece, non è consentito spostarsi di un millimetro dalla linea fissata, neanche in questioni del tutto irrilevanti.
Dalla nascita alla morte ogni membro del Partito vive sotto l'occhio della Psicopolizia. Anche quando è solo non può mai essere sicuro di essere solo. Dovunque si trovi, che dorma o sia sveglio, che lavori o riposi, che sia in bagno o a letto, può essere scrutato senza preavviso, addirittura ignorando di essere spiato. Nulla di quello che fa è privo di importanza. Le sue amicizie, gli svaghi, il suo modo di comportarsi con la moglie e i figli, l'espressione del volto quando si trova da solo, le parole che mormora nel sonno, perfino i movimenti del corpo che gli sono più abituali, sono minuziosamente analizzati. Non vi sono dubbi che arrivino a scoprire non solo ogni trasgressione autentica, ma qualsiasi gesto eccentrico, per quanto infimo, qualsiasi mutamento delle abitudini, qualsiasi tic nervoso che potrebbe essere il sintomo di un conflitto interiore. Il membro del Partito non ha alcuna libertà di scelta, in nulla. D'altra parte, le sue azioni non sono regolate dalla legge o da un qualsiasi codice di comportamento chiaramente formulato. In Oceania non esistono leggi.
Pensieri e azioni che, una volta scoperti, si traducono in morte sicura non sono proibiti in maniera esplicita: in realtà, i continui arresti, epurazioni, torture, incarcerazioni e vaporizzazioni non sono inflitti per punire delitti effettivamente commessi, ma per spazzar via persone che forse, in un futuro imprecisato, potrebbero commettere un crimine. Un membro del Partito non deve avere soltanto le opinioni giuste, ma anche gli istinti  giusti. Gran parte delle convinzioni e dei comportamenti che gli vengono richiesti non sono esplicitati con chiarezza: ove ciò avvenisse, ne risulterebbero smascherate le contraddizioni intrinseche al Socing. Se è un ortodosso nato (in neolingua: un buonpensante), saprà in ogni circostanza, senza neanche stare a riflettere, qual è l'opinione giusta o il tipo di emozione richiesta. In ogni caso, una sofisticata pratica mentale, avviata già nell'infanzia e che si può immaginare concentrata attorno alle parole in neolingua stopreato, nerobianco e bipensiero, lo rendono refrattario e inetto ad approfondire troppo un qualsiasi argomento.
A un membro del Partito si richiedono l'assenza di emozioni personali e un entusiasmo perenne. Da lui ci si aspetta che viva di continuo in uno stato di odio parossistico nei confronti dei nemici esterni e dei traditori interni, di giubilo per le vittorie e di automortificazione davanti al potere e alla saggezza del Partito. Il malcontento prodotto dalla sua esistenza disadorna e insoddisfacente viene scientemente proiettato all'esterno e poi dissolto per mezzo di trucchi come i Due Minuti di Odio, mentre la disciplina interna appresa nei primi anni di vita provvede a liquidare in anticipo ogni riflessione che potrebbe produrre atteggiamenti scettici o eversivi. Il primo e più semplice stadio di questa pratica, che può essere insegnato anche ai bambini, si chiama in neolingua stopreato, e implica la capacità di arrestarsi, come per istinto, sulla soglia di qualsiasi pensiero pericoloso. Comprende anche la capacità di non cogliere le analogie, di non percepire gli errori di logica, di fraintendere le argomentazioni più elementari quando sono contrarie al Socing, oltre a quella di provare noia o ripulsa di fronte a un qualsiasi pensiero articolato che potrebbe portare a posizioni eretiche. In parole povere, lo stopreato è una forma di stupidità protettiva. La stupidità, però, non è sufficiente. Al contrario, l'ortodossia nel senso più pieno del termine richiede un controllo completo dei propri processi mentali, simile a quello che un contorsionista ha del proprio corpo. L'Oceania si basa in fin dei conti sulla convinzione che il Grande Fratello sia onnipotente e che il Partito sia infallibile. Tuttavia, poiché il Grande Fratello non è onnipotente e il Partito non è infallibile, c'è bisogno di una flessibilità, instancabile e sempre
pronta a entrare in azione, nel modo di trattare i fatti. Qui la parola chiave è nerobianco. Come tante altre parole in neolingua, questa parola.
abbraccia due significati che si negano a vicenda. Applicata a un qualsiasi termine di confronto, sottolinea l'abitudine di affermare, con la massima impudenza e a dispetto dell'evidenza, che il nero è bianco. Applicata a un membro del Partito, indica la sincera volontà di affermare che il nero è bianco quando a richiederlo sia la disciplina di partito. Indica, però, anche la capacità di credere veramente che il nero sia bianco e, più ancora, di sapere che il nero è bianco, dimenticando di aver mai pensato il contrario. Tutto ciò impone una continua alterazione del passato, resa possibile da quel sistema di pensiero che effettivamente abbraccia  dentro di sé tutto il resto e che è noto in neolingua come bipensiero.
L'alterazione del passato è necessaria per due motivi, uno dei quali è integrativo e, per così dire, precauzionale. Il motivo precauzionale consiste nel fatto che il membro del Partito, così come il proletario, sopporta le sue condizioni attuali perché non dispone di termini di confronto. È indispensabile escluderlo da ogni rapporto col passato e con i paesi stranieri, affinché sia convinto che le sue condizioni di vita siano migliori  rispetto a quelle dei suoi avi e che il benessere materiale sia in costante ascesa. La manipolazione del passato ha però uno scopo di gran lunga più importante: salvaguardare l'infallibilità del Partito. Discorsi, dati statistici e documenti di ogni genere debbono essere continuamente aggiornati per dimostrare innanzitutto che le previsioni del Partito erano sempre e comunque giuste, ma anche perché non è possibile ammettere cambiamenti di dottrina o di linea politica. Cambiare opinione, o addirittura linea politica, è infatti un segno di debolezza. Volendo fare un esempio, se l'Eurasia o l'Estasia (è del tutto indifferente che si tratti dell'una o dell'altra) è il nemico di oggi, allora quella nazione deve essere sempre stata nemica. E se i fatti lo negano, bisogna cambiare i fatti. In tal modo la Storia viene continuamente riscritta. L'attuale falsificazione del passato posta in essere dal Ministero della Verità è indispensabile alla stabilità del regime allo stesso modo in cui lo è l'attività di repressione e spionaggio portata avanti dal Ministero dell'Amore.
La mutabilità del passato è il cardine stesso del Socing. Gli eventi trascorsi, si argomenta, non posseggono un'esistenza oggettiva, ma sopravvivono solo nei documenti scritti e nella memoria degli uomini. Il passato è quanto viene riconosciuto dai documenti e dalla memoria dei singoli individui. Ora, poiché il Partito detiene a un tempo il controllo integrale  di tutti i documenti e delle menti dei suoi affiliati, ne consegue che il passato è ciò che il Partito decide essere tale. Ne consegue pure che,  sebbene il passato sia modificabile, non esiste un caso specifico che porti il segno di questo mutamento. Infatti, una volta che sia stata data al passato la forma ritenuta necessaria nel momento contingente, la nuova versione dei fatti è il passato, e non può mai esserne esistito uno diverso.
Ciò vale perfino nei casi in cui, come spesso accade, il medesimo avvenimento deve essere radicalmente modificato più volte nel corso di un anno. Il Partito è in ogni circostanza il detentore dell'assoluto, e l'assoluto non può mai essere diverso da ciò che è in quel dato momento. Si vedrà che il controllo del passato dipende soprattutto da una sorta di addestramento della memoria. Fare in modo che tutti i documenti scritti siano conformi all'ortodossia del momento è un atto puramente meccanico. È però anche necessario ricordare che gli avvenimenti specifici hanno avuto luogo in quel modo desiderato. Se poi si deve dare un nuovo ordine a ciò che si ricorda o falsificare i documenti scritti, diviene necessario dimenticare di aver agito in quel modo. Si tratta di uno stratagemma che può essere appreso come qualsiasi altra tecnica mentale. Certamente lo apprendono quasi tutti i membri del Partito e tutte le persone intelligenti e perfettamente osservanti dell'ortodossia. In archelingua un simile procedimento viene definito, in maniera affatto esplicita, "controllo della realtà"; in neolingua viene detto bipensiero, anche se questo termine abbraccia molto altro.
Il bipensiero implica la capacità di accogliere simultaneamente nella propria mente due opinioni tra loro contrastanti, accettandole entrambe.
L'intellettuale di Partito sa in che modo vanno trattati i suoi ricordi. Sa quindi di essere impegnato in una manipolazione della realtà, e tuttavia la pratica del bipensiero fa sì che egli creda che la realtà non venga violata. Un simile procedimento deve essere conscio, altrimenti non potrebbe essere applicato con sufficiente precisione, ma al tempo stesso ha da essere inconscio, altrimenti produrrebbe una sensazione di falso e quindi un senso di colpa. Il bipensiero è l'anima del Socing, perché l'azione fondamentale del Partito consiste nel fare uso di una forma consapevole di inganno, conservando al tempo stesso quella fermezza di intenti che si accompagna alla più totale sincerità. Raccontare deliberatamente menzogne e nello stesso tempo crederci davvero, dimenticare ogni atto che nel frattempo sia divenuto sconveniente e poi, una volta che ciò si renda di nuovo necessario, richiamarlo in vita dall'oblio per tutto il  tempo che serva, negare l'esistenza di una realtà oggettiva e al tempo stesso prendere atto di quella stessa realtà che si nega, tutto ciò è assolutamente indispensabile. Perfino quando si usa la parola bipensiero è necessario ricorrere al bipensiero. Nel farne uso, infatti, si ammette di manipolare la realtà, ma con un novello colpo di bipensiero si cancella questa consapevolezza, e così via, all'infinito, con la menzogna in costante posizione di vantaggio rispetto alla verità. In fin dei conti, è per mezzo del bipensiero che il Partito è riuscito (e, per quanto ne sappiamo, una simile impresa potrebbe andare avanti per migliaia d'anni) ad arrestare il corso della Storia.
Tutte le oligarchie del passato sono crollate o quando si sono sclerotizzate o quando si sono ammorbidite: o diventavano stupide e arroganti, non riuscendo a adattarsi al mutamento e quindi venendo rovesciate, oppure diventavano pavide e liberali, facevano concessioni là dove avrebbero dovuto usare la forza e anche in questo caso venivano rovesciate.
Crollavano, in altri termini, per eccesso di consapevolezza o di inconsapevolezza. È merito del Partito essere riuscito a creare un sistema in cui
entrambe le condizioni possono coesistere. Nessun altro fondamento intellettuale avrebbe potuto rendere sempiterno il dominio del Partito. Se si desidera governare e si vuole continuare a farlo, si deve avere la capacità di condizionare il senso della realtà. Il segreto del comando, infatti, sta nel saper unire alla fede nella propria infallibilità la capacità di imparare dagli errori passati.
Naturalmente, i virtuosi del bipensiero sono gli stessi che lo hanno inventato, i quali sono ben consapevoli che si tratta di un vasto sistema basato sulla capacità di ingannare la mente. Nella nostra società, quelli che sanno perfettamente ciò che sta succedendo sono anche quelli che meno riescono a vedere il mondo così com'è. In generale, più si sa, più grande è la delusione: il più intelligente è anche il meno sano di mente. Una chiara esemplificazione di ciò è data dal fatto che l'isteria di guerra aumenta d'intensità a mano a mano che si sale nella scala sociale. Quelli che hanno di fronte alla guerra l'atteggiamento più chiaro e razionale sono le popolazioni asservite dei tenitori contesi. Ai loro occhi la guerra non è altro che una continua calamità che passa e ripassa sui loro corpi come l'onda di una marea. Chi vinca li lascia del tutto indifferenti. Essi sanno bene che un mutamento nell'identità dei dominatori significa soltanto che faranno le stesse cose di prima per padroni che li tratteranno nello stesso modo dei precedenti. Quei lavoratori appena appena più favoriti, che chiamiamo "prolet", solo a tratti hanno coscienza di che cosa sia la guerra. Quand'è necessario, è possibile spingerli a parossismi di paura e di odio, ma una volta lasciati a se stessi, sono capaci di dimenticarsi per lunghi periodi che c'è una guerra in corso. È nei ranghi del Partito, e soprattutto nel Partito Interno, che si rinviene il vero e proprio furore bellico. Alla possibilità di conquistare il mondo credono con la massima fermezza proprio quelli che sanno che si tratta di un progetto irrealizzabile. Questa particolare commistione di opposti (conoscenza e ignoranza, cinismo e fanatismo) è uno dei segni distintivi della società oceanica. L'ideologia ufficiale è stracolma di contraddizioni, anche là dove non ve n'è alcuna necessità pratica. In tal modo il Partito respinge e mortifica tutti i principi che erano in origine alla base del movimento socialista, e ha scelto di farlo proprio in nome del Socialismo. Predica un disprezzo per la classe operaia che non ha riscontri nei secoli passati e fa indossare ai suoi membri un'uniforme che una volta era tipica dei lavoratori manuali, adottata per questo specifico motivo. Conduce attacchi sistematici al senso di solidarietà proprio della famiglia e chiama il suo capo con un nome che fa direttamente appello al sentimento della lealtà familiare. Perfino i nomi dei quattro Ministeri che ci governano manifestano una sorta di impudenza nel loro deliberato stravolgimento dei fatti.
Il Ministero della Pace si occupa della guerra, il Ministero della Verità fabbrica menzogne, il Ministero dell'Amore pratica la tortura, il Ministero dell'Abbondanza è responsabile della generale penuria di beni. Queste contraddizioni non sono casuali, né si originano dalla semplice ipocrisia: sono meditati esercizi di bipensiero. È infatti solo conciliando gli opposti che diviene possibile conservare il potere all'infinito. Non esiste altro modo per rompere il vecchio ciclo. Se si vuole allontanare per sempre l'uguaglianza fra gli uomini, se gli Alti, come li abbiamo definiti, intendono restare per sempre al loro posto, allora la condizione mentale dominante deve coincidere con una follia tenuta sotto controllo.
Vi è però un'ulteriore domanda, che fino a questo momento abbiamo quasi ignorato, ed è la seguente: perché si deve impedire l'uguaglianza fra gli uomini? Presupponendo che la dinamica del processo sia stata descritta correttamente, qual è il motivo alla base di questo sforzo immenso e accuratamente pianificato di congelare la Storia in un particolare momento del suo sviluppo?
A questo punto siamo arrivati al segreto di fondo. Come abbiamo visto, la mistica del Partito, e soprattutto quella del Partito Interno, si basa sul bipensiero. Ma dietro di esso vi è il vero motivo, l'istinto irriflesso che portò in origine alla conquista del potere e diede vita al bipensiero, alla Psicopolizia, allo stato di guerra ininterrotta e a tutti gli annessi e connessi successivi. Il vero motivo è...»

mercoledì, novembre 16, 2011

Burattino senza fili

Rileggiamo Edoardo Bennato, anno 1977; c'è qualcosa da aggiungere? Ciascuno valuti. Certo, a rileggerlo oggi, impressiona l'attualità e la profondità di pensiero, nonostante sia espresso in forma poetica popolare.



IL GATTO E LA VOLPE

Quanta fretta, ma dove corri, dove vai
se ci ascolti per un momento, capirai,
lui è il gatto, ed io la volpe, stiamo in società
di noi ti puoi fidar...

Puoi parlarci dei tuoi problemi, dei tuoi guai
i migliori in questo campo, siamo noi
è una ditta specializzata, fa un contratto e vedrai
che non ti pentirai...

Noi scopriamo talenti e non sbagliamo mai
noi sapremo sfruttare le tue qualità
dacci solo quattro monete e ti iscriviamo al concorso
per la celebrità!...

Non vedi che è un vero affare
non perdere l'occasione
se no poi te ne pentirai
non capita tutti i giorni
di avere due consulenti
due impresari, che si fanno
in quattro per te!...

Avanti non perder tempo, firma qua
è un contratto, è normale, è una formalità
tu ci cedi tutti i diritti
e noi faremo di te
un divo da hit parade!...

Quanta fretta, ma dove corri, dove vai
se ci ascolti per un momento, capirai,
lui è il gatto, ed io la volpe, stiamo in società
di noi ti puoi fidar..


DOTTI, MEDICI E SAPIENTI

E nel nome del progresso
il dibattito sia aperto,
parleranno tutti quanti,
dotti medici e sapienti.

Tutti intorno al capezzale
di un malato molto grave
anzi già qualcuno ha detto
che il malato è quasi morto.

Così giovane è peccato
che si sia così conciato
si dia quindi la parola
al rettore della scuola.

Sono a tutti molto grato
di esser stato consultato
per me il caso è lampante
costui è solo un commediante!

No, non è per contraddire
il collega professore
ma costui è un disadattato
che sia subito internato!

Permettete una parola, io non sono mai andato a scuola
e fra gente importante, io che non valgo niente
forse non dovrei neanche parlare,

Ma dopo quanto avete detto, io non posso più stare zitto
e perciò prima che mi possiate fermare
devo urlare, e gridare, io lo devo avvisare,
di alzarsi e scappare anche se si sente male,
che se si vuole salvare, deve subito scappare!

Al congresso sono tanti,
dotti, medici e sapienti,
per parlare, giudicare,
valutare e provvedere,
e trovare dei rimedi,
per il giovane in questione.

Questo giovane malato
so io come va curato
ha già troppo contaggiato
deve essere isolato!

Son sicuro ed ho le prove
questo è un caso molto grave
trattamento radicale
prima che finisca male!

Mi dispiace dissentire
per me il caso è elementare
il ragazzo è un immaturo
non ha fatto il militare!

LA FATA

C'è solo un fiore in quella stanza
e tu ti muovi con pazienza
la medicina è amara ma
tu già lo sai che la berrà

Se non si arrende tu lo tenti
e sciogli il nodo dei tuoi fianchi
e quel vestito scopre già
chi coglie il fiore impazzirà

Farà per te qualunque cosa
e tu sorella e madre e sposa
e tu regina o fata, tu
non puoi pretendere di più

E forse è per vendetta
e forse è per paura
o solo per pazzia
ma da sempre
tu sei quella che paga di più
se vuoi volare ti tirano giù
e se comincia la caccia alla streghe
la strega sei tu

E insegui sogni da bambina
e chiedi amore e sei sincera
non fai magie, ne trucchi, ma
nessuno ormai ci crederà

C'è chi ti urla che sei bella
che sei una fata, sei una stella
poi ti fa schiava, però no
chiamarlo amore non si può

C'è chi ti esalta, chi ti adula
c'è chi ti espone anche in vetrina
si dice amore, però no
chiamarlo amore non si può


QUANDO SARAI GRANDE

Il vuoto e poi
ti svegli e c'è
un mondo intero
intorno a te

Ti hanno iscritto
a un gioco grande
se non comprendi
se fai domande

Chi ti risponde
ti dice: è presto
quando sarai grande
allora saprai tutto...

Saprai perchè, saprai perchè
quando sarai grande
saprai perchè...

E allora osservi
gli altri giocare
è un gioco strano
devi imparare,

Devi stare zitto
solo ascoltare
devi leggere più libri
che puoi, devi studiare,

E' tutto scritto
catalogato
ogni segreto
ogni peccato

Saprai perchè, saprai perchè
quando sarai grande
saprai perchè...


MANGIAFUOCO

Non si scherza, non è un gioco
sta arrivando Mangiafuoco
lui comanda e muove i fili
fa ballare i burattini

State attenti tutti quanti
non fa tanti complimenti
chi non balla, o balla male
lui lo manda all'ospedale

Ma se scopre che tu i fili non ce l'hai
se si accorge che il ballo non lo fai
allora sono guai - e te ne accorgerai
attento a quel che fai - attento ragazzo
che chiama i suoi gendarmi
e ti dichiara pazzo!...

C'è un gran ballo, questa sera
ed ognuno ha la bandiera
marionette, commedianti
balleranno tutti quanti

Tutti i capi di partito
e su in alto Mangiafuoco,
Mangiafuoco fa le scelte
muove i fili e si diverte

Ma se scopre che tu i fili non ce l'hai
se si accorge che il ballo non lo fai
allora sono guai - e te ne accorgerai
attento a quel che fai - attento ragazzo
che chiama i suoi gendarmi
e ti dichiara pazzo!...

C'è una danza molto bella
tra Arlecchino e Pulcinella
si riempiono di calci
si spaccano le ossa
Mangiafuoco sta alla cassa

Mangiafuoco fa i biglietti
tieni i prezzi molto alti
non c'è altro concorrente
chi ci prova se ne pente!...

mercoledì, settembre 28, 2011

Banche ed emissione di moneta: dove sta l'inganno?



Banche ed emissione di moneta: dove sta l'inganno?
MONETA, BANCHE, DEBITI: COME USCIREMO DALLA CRISI FINANZIARIA? IDEE PER UNA ALTERNATIVA DEMOCRATICA
di
Giacomo Castellano

Indice generale
1.Premessa 3
2.Moneta 3
3.La Sovranità Monetaria 3
4.Niente di nuovo sotto il sole 4
4.1.Argentarii (da Wikipedia) 4
4.2.Nexum (da Wikipedia) 5
4.3.Mensari (da Wikipedia) 6
5.Giochi di parole 6
6.Un raffinato strumento di dominio dei pochi sui molti 6
7.La Teoria quantitativa della moneta per autodidatti 10
7.1.Alcune deduzioni 11
7.2.Considerazioni 11
7.3.Utilizzo 11
8.Inflazione e Svalutazione 12
9.Interesse 13
10.Debito pubblico e imposte 13
11.Come salvare l'euro 14
12.Come salvare gli europei? 14
12.1.BitCoin 15
12.2.Lectro 16
12.3.Superamento dell'esistente 16






1.Premessa

Gli interventi precedenti hanno analizzato dettagliatamente i meccanismi che stanno alla base del funzionamento del sistema monetario mondiale. Un'analisi necessaria, che può essere ulteriormente integrata, per aumentare la comprensione dei fenomeni che stiamo osservando.

2.Moneta

Nel 390 a.C. Roma si trovava sotto l'assedio dei Galli di Brenno; sulla cittadella del Campidoglio vi era il tempio di Giunone dove venivano allevate delle oche sacre alla dea.
Una notte, al sopraggiungere dei Galli, le oche presero a starnazzare e svegliarono l'ex-console Marco Manlio che diede l'allarme. L'attacco fu quindi sventato grazie alle oche sacre.
Da quel momento la dea Giunone acquisì l'appellativo di Moneta, dal verbo latino monere che sta per avvertire, ammonire, in quanto si credeva che avesse lei destato le oche per avvertire dell'arrivo dei Galli.
Successivamente, verso il 269 a.C., in prossimità del tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio venne edificata la zecca che venne messa proprio sotto la protezione della Dea Moneta. A quel punto fu il linguaggio popolare a trasmettere l'appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a ciò che lì si produceva.

3.La Sovranità Monetaria

È Il potere di battere moneta. Battere moneta e quindi esercitare la sovranità monetaria significa poter decidere:
  • quanta moneta (denaro) creare o distruggere
  • perché creare o distruggere moneta nella quantità stabilita
  • in che modo immettere in circolazione la moneta creata
  • a chi dare la moneta creata
  • in che modo ritirare dalla circolazione la moneta creata in eccesso
Sono interrogativi ai quali non è facile rispondere. Di sicuro si può intuire che chi se ne occupa detiene un potere immenso.
Una prima questione è l'inganno di base: in quanto sovranità, cioè potere decisionale, in democrazia dovrebbe appartenere al popolo ma abbiamo capito che così non è. In secondo luogo, è materia riservata a pochi specialisti, perfino nei corsi universitari di economia. Infine, in quanto materia specialistica, la si è dotata di un linguaggio gergale che crittografa opportunamente il senso dei fenomeni reali che il linguaggio stesso descrive.
Il risultato è che se ne occupa, in via esclusiva, una sorta di casta sacerdotale che:
  • prende decisioni in ambiti decisamente molto riservati
  • si è data un armamentario di simboli e di riti
  • si esprime spesso in forma oracolare
  • nonostante si occupi di decisioni molto importanti o addirittura delicate per l'intera comunità, è totalmente irresponsabile di fronte ad essa
La Sovranità di ogni genere attiene alla sfera della Politica e perciò riguarda direttamente tutti i cittadini, quindi ce ne dovremmo occupare.

4.Niente di nuovo sotto il sole

La Storia ci ricorda che le vere novità non sono così frequenti come si può talvolta immaginare. Il concetto di “banca” e quello correlato di “banchiere” risalgono a molti secoli fa insieme a quello di “interesse” o di “garanzia” offerta per poter contrarre un debito. Al di là delle forme differenti, la sostanza non è troppo diversa. Di seguito qualche esempio, per rinfrescare la memoria.

4.1.Argentarii (da Wikipedia)

L'argentario nell'antica Roma non va confuso con l’artigiano (faber argentarius) che produceva oggetti in argento e neppure con l'operaio della zecca che coniava le monete d’argento. L'argentario invece, mestiere molto antico di cui la prima notizia risale al 250 a.C. durante le guerre contro i Sanniti, era colui che svolgeva un'attività assai simile a quella del banchiere attuale.
Gli argentari, presenti nella storia romana dal III secolo a.C. al II secolo d.C., oltre che a dedicarsi ad operazioni bancarie e creditizie potevano operare vere e proprie speculazioni finanziarie.
Questi antichi banchieri erano lavoratori privati non sottoposti al controllo dello stato che esercitavano il loro mestiere nelle tabernae del foro, in negozi o in banchi di proprietà statale dove prevalentemente si occupavano del cambio della moneta.
Gli argentarii erano chiamati anche argenteae mensae exercitores, argenti distractores e negotiatores stipis argentariae e venivano distinti dai mensari, una sorta di banchieri pubblici riconosciuti dallo stato e dai nummulari, esperti che avevano il ruolo di identificare le monete autentiche da quelle false e che spesso collaboravano con gli argentari.
Il lavoro degli argentari, che coincideva talora con quello dei mensari, era collegato a tutto ciò che riguardava il denaro o gli affari commerciali e in particolare consisteva:
  • nella permutatio, cioè nel cambio di moneta straniera con quella romana dietro il pagamento di un piccolo aggio (collybus) per il servizio reso.
Quando si diffuse a Roma l'uso, proveniente dalla Grecia, della cambiale o delle lettere di credito era possibile ad esempio attraverso gli argentari trasferire somme di denaro da pagare da un debitore romano ad un creditore ad Atene presso un banchiere greco. Questo tipo di operazioni comportavano per gli argentari la necessità di essere informati sul valore corrente delle monete in luoghi e tempi diversi;
  • nel depositum, detenzione e custodia di somme di denaro per conto di altri. In questo caso chi depositava il proprio denaro per non tenerlo presso di sé o per incaricare l'argentario di saldare somme dovute non riceveva alcun interesse (vacua pecunia) sul denaro depositato. L'argentario riceveva dal depositante l'ordine di pagamento o a voce o per mezzo di una specie di assegno (perscriptio). Quando il denaro veniva depositato in cambio della corresponsione di un interesse (in questo caso si parlava di creditum) da corrispondere dall'argentario, questi poteva utilizzare il denaro del suo cliente per intraprendere i suoi affari personali.
Quando il pagamento veniva corrisposto dall'argentario veniva chiamato per mensam, de mensa, o per mensae scripturam, mentre se era il debitore in persona a saldare il suo debito si diceva ex arca o de domo. Se chi riceveva il pagamento ordinato tramite la perscriptio aveva un'apertura di conto presso lo stesso argentario che doveva saldarlo, il denaro poteva essere depositato in cambio di un interesse.
Di questi movimenti monetari gli argentari, che molto probabilmente conoscevano le regole di quella che oggi chiamiamo "partita doppia", ne tenevano la trascrizione in conti precisi riportati in libri chiamati codices, tabulae o rationes dove venivano puntualmente annotati o cancellati i nomi dei debitori e dei creditori (nomen expedire o expungere) con tale precisione, soprattutto per le date, che erano ritenuti testimonianze affidabili di prova nei tribunali;
  • nella intermediazione per vendite o acquisti. Un'attività questa probabilmente molto antica nella quale risulta che gli argentari si dedicavano alla vendita di tenute fondiarie o di una eredità.
  • nella partecipazione ad aste pubbliche dove gli argentari erano quasi sempre presenti in persona o tramite i loro impiegati o servi (coactores) che avevano il compito di registrare gli articoli venduti, i prezzi e gli acquirenti;
  • nel saggiare l'autenticità delle monete (probatio nummorum) contro i frequenti casi di falsificazione o quando si trattasse di stabilire il valore di monete straniere o nei casi di ingenti trasferimenti di denaro. Per questa loro competenza spesso erano presenti come pubbllici ufficiali negli uffici del dazio. Le perizie degli argentari vennero ritenute probatorie dalla specifica legge del pretore nipote di Gaio Mario (157 a.C.–86 a.C.), Marcus Marius Gratidianus, autore di una riforma monetaria.;
  • nella venditio solidorum, nell'obbligo di acquistare denaro appena coniato per farlo rapidamente circolare. Questa attività viene esercitata solo in epoca imperiale ed imposta dallo Stato agli argentari che pure non erano pubblici ufficiali.
Gli argentari, che erano in numero molto ridotto, si associavano in una corporazione divisa in societates che avevano esclusivamente la facoltà di ammettere nuovi membri a condizione che fossero uomini liberi. Se anche gli schiavi vengono talora menzionati come argentari si trattava in genere di impiegati dei loro padroni che erano gli unici responsabili degli affari trattati, anche in quei casi in cui gli schiavi partecipassero alle transazioni con i loro risparmi personali (peculium).

4.2.Nexum (da Wikipedia)

Il Nexum era una forma di garanzia, forse la più solenne che fosse prevista nell'ordinamento legale di Roma ed era stato codificato in forma scritta nelle Leggi delle XII tavole.
La sua solennità probabilmente derivava dal fatto che le garanzie sottintese al nexum erano della massima delicatezza per chi vi si sottoponeva.
Con l'accettazione del nexum il debitore forniva come garanzia di un prestito l'asservimento di se stesso - o di un membro della sua famiglia su cui avesse la potestà (un figlio ad esempio) - in favore del creditore fino all'estinzione del debito. Il "nexum" trovò spesso applicazione anche come "negotium imaginarium": in questo caso il "nexus" chiedeva al creditore di un proprio debito rimasto insoluto di accettare la propria persona in qualità di "nexus"; questo accadeva perché nel sistema processuale romano arcaico il soggetto insolvente "iudicatus" era suscettibile di "addictio" definitiva al creditore, il quale poteva ridurlo in schiavitù od ucciderlo.
L'estinzione del debito poteva avvenire con il pagamento in contanti, in beni oppure con servizi prestati per un determinato tempo che, naturalmente veniva fissato in relazione al debito.
In genere, d'altronde, il nexus portava alla schiavitù perpetua di chi vi era sottoposto per le ovvie implicazioni dell'operatività di chi era asservito. Non potendo gestire la propria vita in modo da allargare i guadagni diventava sempre più difficile all'asservito poter raccogliere le somme necessarie a pagare il riscatto.
Probabilmente per la rarità dell'evento la manomissione del soggetto avveniva in forma solenne e celebrata davanti alle magistrature della città. Si parlava, in questo caso di solutio per aes et libram.
Nel 352 l'azione dei mensari nominati dai consoli Publio Valerio Publicola e Gaio Marcio Rutulo limitarono l'azione del nexum il cui istituto, a Roma pare sia stato abolito nel 312 a.C. dopo che già dal 342 a.C. Appio Claudio Cieco aveva posto mano ad una prima riforma per favorire il reclutamento di truppe durante le Guerre sannitiche.

4.3.Mensari (da Wikipedia)

I mensari furono un gruppo di cinque aristocratici cittadini che nella Roma del IV secolo a.C. si adoperarono per aiutare i cittadini plebei che, a causa di difficoltà economiche dovute al protrarsi delle guerre, rischiavano di cadere sotto le prescrizioni del nexum, la schiavitù per debiti.
Cioè "banchieri" (mensario deriva da mensa che conta fra i suoi significati anche "banco" e quindi "banca").

5.Giochi di parole

Alle fondamenta del sistema si trova, come detto, un inganno di natura linguistica. Come già efficacemente illustrato da George Orwell nell'appendice al suo romanzo lucidamente visionario (1984), in cui descrive la NEOLINGUA, l'inganno linguistico è, insieme alla violenza fisica e psichica, uno dei pilastri di qualunque potere coercitivo.
Nella neo-lingua di 1984, tre slogan sintetizzano l'idea di Orwell:
  • LA GUERRA È PACE
  • L'IGNORANZA È FORZA
  • LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ
Nell'ambito che ci interessa oggi, spesso l'inganno linguistico è decisamente poco raffinato: si basa sul rovesciamento dei significati, più raramente su figure retoriche appena più sofisticate. Ancor più spesso, nasconde dietro frasi fumose il vero succo delle questioni che vengono “illustrate” o, ancor più, “dibattute”.
Siamo bombardati da anni da parole o espressioni come “inflazione”, “svalutazione”, “debito pubblico”, “tasse”, PIL, “crescita”, “recessione”, “produttività”, “mutuo”, “tasso di interesse”, “iniezione di liquidità” (siete mai riusciti ad iniettare un solido?) eccetera.
A volte sembra così normale sentirle ripetere o leggerle che non ci si chiede quasi più quale significato reale rappresentino. A parte gli specialisti o gli esperti di economia, quanti possono davvero pensare di averne afferrato il senso reale e le loro reciproche relazioni?
Probabilmente non tanti. In ogni caso, questo flusso incessante e ripetuto di parole, che ormai diamo per scontate, a poco a poco si è strutturato come una specie di ragnatela che, alla lunga, è diventato un velo che ci nasconde la realtà dei fenomeni. Le parole (la lingua) usate come codice crittografico per impedire che si sappia davvero come funzionano le cose.
Proviamo a ragionare insieme.

6.Un raffinato strumento di dominio dei pochi sui molti

Comprendere a fondo i fenomeni complessi della Storia mentre si stanno manifestando è sempre stato difficile. Forse stavolta abbiamo un vantaggio: qualcuno prima di noi già riuscito a costruire delle analisi tanto sofisticate nei metodi quanto semplici sono i meccanismi che l'analisi stessa esplora e sviscera: Karl Marx.
Non ho intenzione di riesumare Marx politico o il suo pensiero politico bensì mi limito ad alcune fondamenta della sua analisi che, a mio parere, presenta sicuramente una carenza: pur mostrando implicitamente di aver afferrato il senso profondo dei meccanismi della produzione monetaria, egli sembra non trarne tutte le conclusioni logiche necessarie. Ne cito tre:
  1. Pur riferendosi a David Hume mentre descrive la funzione di circolazione del denaro, egli omette poi di riferirsi con precisione al contenuto espresso dallo stesso Hume nel “Saggio sulla moneta” all'interno dei suoi “Discorsi politici”.
    «La quantità complessiva del denaro che in ciascun periodo Ai tempo funziona come mezzo di circolazione è dunque determinata, da una parte dalla somma dei prezzi del mondo delle merci circolanti, dall'altra parte dal flusso più lento o più veloce dei loro opposti processi di circolazione; da questo flusso dipende qual parte di quella somma dei prezzi possa venire realizzata mediante le medesime monete. Ma la somma dei prezzi delle merci dipende tanto dalla massa quanto dai prezzi di ogni genere di merci. Però i tre fattori: il movimento dei prezzi, la massa circolante delle merci e infine la velocità di corso della moneta, possono variare in direzione differente e in rapporti differenti; e la somma dei prezzi che va realizzata, e quindi la massa dei mezzi di circolazione ch'essa richiede, può passare anch'essa per numerosissime combinazioni. Qui enumeriamo quelle più importanti nella storia dei prezzi delle merci.
    Eguali rimanendo i prezzi delle merci, la massa dei mezzi di circolazione può aumentare perché s'accresce la massa delle merci circolanti oppure perché diminuisce la velocità di corso del denaro, o quando cooperano l'uno e l'altro fenomeno. La massa dei mezzi di circolazione può viceversa diminuire col diminuire della massa delle merci o col crescere della velocità di circolazione.
    A
    prezzi delle merci generalmente crescenti, la massa dei mezzi di circolazione può rimanere eguale, se la massa delle merci circolanti diminuisce nella stessa proporzione dell'aumento del suo prezzo, oppure se la velocità di corso del denaro s'accresce altrettanto rapidamente del rialzo dei prezzi, mentre la massa circolante di merci rimane costante. La massa dei mezzi di circolazione può cadere, per il fatto che la massa delle merci diminuisce, oppure perché la rapidità del corso s'accresce più rapidamente dei prezzi.
    A
    prezzi delle merci generalmente calanti, la massa dei mezzi di circolazione può rimanere eguale, a patto che la massa delle merci cresca nella stessa proporzione della caduta del loro prezzo, oppure che la velocità del corso del denaro decresca nella stessa proporzione dei prezzi. Essa può crescere quando la massa delle merci cresca più rapidamente oppure la velocità di circolazione diminuisca più rapidamente di quanto cadano i prezzi delle merci.
    Le variazioni dei diversi fattori si possono compensare reciprocamente, cosicché, nonostante la sua continua instabilità, la somma complessiva da realizzare dei prezzi, delle merci rimanga costante, come anche la massa circolante di denaro. Si ha quindi, in ispecie, considerando periodi di una certa durata, un livello medio della massa di denaro circolante in ogni paese ben più costante di quanto a prima vista ci si potrebbe aspettare; e, eccezione fatta di gravi perturbazioni che sorgono periodicamente dalle crisi di produzione e dalle crisi commerciali, e più di rado da una variazione del solo valore del denaro, si hanno deviazioni da quel livello medio ben minori di quanto ci si potrebbe aspettare a prima vista.
    »
    (
    Il capitale, Libro primo, Prima Sezione, Capitolo 3, Paragrafo 2, b) La circolazione del denaro). Ciononostante, egli conclude che:
    «La legge, che la quantità dei mezzi di circolazione è determinata dalla somma dei prezzi delle merci circolanti e dalla velocità media del corso del denaro (78), può anche essere espressa così: data la somma di valore delle merci e data la velocità media delle loro metamorfosi, la quantità del denaro ossia del materiale monetario in corso, dipende dal suo proprio valore. L'illusione che i prezzi delle merci, viceversa, siano determinati dalla massa dei mezzi di circolazione, e questa massa sia determinata a sua volta dalla massa del materiale monetario che si trova in un dato paese (79), ha la sua radice, nei suoi primi sostenitori, nell'ipotesi assurda che entrino merci senza prezzo e denaro senza valore nel processo della circolazione, dove poi una parte aliquota del pastone di merci si scambierebbe con una parte aliquota del mucchio di metallo(80).» L'allusione implicita al pensiero di Hume viene espressa nella nota 78:
    «
    La teoria di Hume è stata difesa contro J. Steuart, fra gli altri, da A. YOUNG nella sua Political arithmetic, Londra, 1774, dove si ha un capitolo apposito, Prices depend on quantity of money. p. 112. In Zur Kritik cit_ p. 119, io osservo: " Egli (A. Smith, elimina tacitamente il problema della quantità della moneta circolante. trattando il denaro del tutto erroneamente come semplice merce ".» Invero, Marx da per scontato che si sappia a cosa si stia riferendo ma ci torneremo a brevissimo, riportando le parole di Hume.
  2. Pur avendo individuato con precisione le leve dell'accumulazione originaria, riguardo a due di esse, Debito Pubblico e Sistema Fiscale, non ritiene di dovergli attribuire il ruolo di detonatori a tempo dell'auto implosione del sistema: egli confina questa funzione alla sola “Caduta tendenziale del saggio di profitto”. Ma, a ben vedere, questa non è che una delle necessarie conseguenze dell'indebitamento coatto a cui siamo sottoposti come individui e come collettività.
    «Poichè il debito pubblico ha il suo sostegno nelle entrate dello Stato che debbono coprire i pagamenti annui d’interessi, ecc., il sistema tributario moderno è diventato l’integramento necessario del sistema dei prestiti nazionali. I prestiti mettono i governi in grado di affrontare spese straordinarie senza che il contribuente ne risenta immediatamente, ma richiedono tuttavia in seguito un aumento delle imposte. D’altra parte, l’aumento delle imposte causato dall’accumularsi di debiti contratti l’uno dopo l’altro costringe il governo a contrarre sempre nuovi prestiti quando si presentano nuove spese straordinarie. Il fiscalismo moderno, il cui perno è costituito dalle imposte sui mezzi di sussistenza di prima necessità (quindi dal rincaro di questi), porta perciò in se stesso il germe della progressione automatica. Dunque, il sovraccarico d’imposte non è un incidente, ma anzi è il principio. Questo sistema è stato inaugurato la prima volta in Olanda, e il gran patriota De Witt l’ha quindi celebrato nelle sue Massime come il miglior sistema per render l’operaio sottomesso, frugale, laborioso e... sovraccarico di lavoro. Tuttavia l’influsso distruttivo che questo sistema esercita sulla situazione del l’operaio salariato, qui ci interessa meno dell’espropriazione violenta del contadino, dell’artigiano, in breve di tutti gli elementi costitutivi della piccola classe media, che il sistema stesso porta con sè. Su ciò non c’è discussione, neppure fra gli economisti borghesi. E la efficacia espropriatrice del sistema è ancor rafforzata dal sistema protezionistico che è una delle parti integranti di esso.
    La grande parte che il debito pubblico e il sistema fiscale ad esso corrispondente hanno nella capitalizzazione della ricchezza e nell’espropriazione delle masse, ha indotto una moltitudine di scrittori, come il Cobbett, il Doubleday e altri a vedervi a torto la causa fondamentale della miseria dei popoli moderni.
    Il sistema protezionistico è stato un espediente per fabbricare fabbricanti, per espropriare lavoratori indipendenti, per capitalizzare i mezzi nazionali di produzione e di sussistenza, per abbreviare con la forza il trapasso dal modo di produzione antico a quello moderno. Gli Stati europei si sono contesi la patente di quest’invenzione e, una volta entrati al servizio dei facitori di plusvalore, non solo hanno a questo scopo imposto taglie al proprio popolo, indirettamente con i dazi protettivi, direttamente con premi sull’esportazione, ecc., ma nei paesi da essi dipendenti hanno estirpato con la forza ogni industria; come per esempio la manifattura laniera irlandese è stata estirpata dall’Inghilterra. Sul continente
    europeo il processo è stato molto semplificato, sull’esempio del Colbert. Quivi il capitale originario dell’industriale sgorga in parte direttamente dal tesoro dello Stato. «Perché», esclama il Mirabeau, « andar a cercar così lontano la causa dello splendore manifatturiero della Sassonia prima della guerra dei Sette anni? Centottanta milioni di debito pubblico!»,
    Sistema coloniale, debito pubblico, peso fiscale, protezionismo, guerre commerciali, ecc., tutti questi rampolli del periodo della manifattura in senso proprio crescono come giganti nel periodo d’infanzia della grande industria. La nascita di quest’ultima viene celebrata con la grande strage erodiana degli innocenti. Le fabbriche reclutano il proprio personale, come la regia marina, attraverso l’arruolamento forzoso.
    »
    (
    Il capitale, Libro primo, Settima Sezione, Capitolo 24, Paragrafo 6, Genesi del capitalista industriale)



  1. Pur avendo individuato nel lavoro l'unico valore primario su cui si basa qualunque sistema economico e, in particolare, l'attuale sistema, egli non ne trae una conseguenza, a mio parere, naturale: l'unica vera base monetaria o ancoraggio monetario è il lavoro o, se si vuole, il tempo di lavoro.
    «Ma, se si prescinde dal valore d'uso dei corpi delle merci, rimane loro soltanto una qualità, quella di essere prodotti del lavoro. Eppure anche il prodotto del lavoro ci si trasforma non appena lo abbiamo in mano. Se noi facciamo astrazione dal suo valore d'uso, facciamo astrazione anche dalle parti costitutive e forme corporee che lo rendono valore d'uso. Non è più tavola, né casa, né filo né altra cosa utile. Tutte le sue qualità sensibili sono cancellate. E non è più nemmeno il prodotto del lavoro di falegnameria o del lavoro edilizio o del lavoro di filatura o di altro lavoro produttivo determinato. Col carattere di utilità dei prodotti del lavoro scompare il carattere di utilità dei lavori rappresentati in essi, scompaiono dunque anche le diverse forme concrete di questi lavori, le quali non si distinguono più, ma sono ridotte tutte insieme a lavoro umano eguale, lavoro umano in astratto.Consideriamo ora il residuo dei prodotti del lavoro. Non è rimasto nulla di questi all'infuori di una medesima spettrale oggettività, d'una semplice concrezione di lavoro umano indistinto, cioè di dispendio di forza lavorativa umana senza riguardo alla forma del suo dispendio. Queste cose rappresentano ormai soltanto il fatto che nella loro produzione è stata spesa forza lavorativa umana, è accumulato lavoro umano. Come cristalli di questa sostanza sociale ad esse comune, esse sono valori, valori di merci.
    Nel rapporto di scambio delle merci stesse il loro valore di scambio ci è apparso come una cosa completamente indipendente dai loro valori d'uso. Ma se si fa realmente astrazione dal valore d'uso dei prodotti del lavoro, si ottiene il loro valore come è stato or ora determinato. Dunque quell'elemento comune che si manifesta nel rapporto di scambio o nel valore di scambio della merce, è il valore della merce stessa. Il progredire dell'indagine ci ricondurrà al valore di scambio come modo di espressione necessario o forma fenomenica del valore, il quale tuttavia in un primo momento è da considerarsi indipendentemente da quella forma.
    Dunque, un valore d'uso o bene ha valore soltanto perché in esso viene oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente umano.E come misurare ora la grandezza del suo valore?»
    (
    Il capitale, Libro primo, Prima Sezione, Capitolo 1, Paragrafo 1, I DUE FATTORI DELLA MERCE: VALORE D'USO E VALORE (SOSTANZA DI VALORE, GRANDEZZA DI VALORE)
Prendiamo in esame il pensiero di Hume.
Moneta, prezzi e benessere economico
«La moneta non è uno degli oggetti del commercio, ma soltanto lo strumento su cui gli uomini si sono accordati per facilitare lo scambio di una merce con un'altra. L'alto prezzo di una merce determina l'aumento dell'inflazione ed è uno svantaggio per il commercio già avviato e rende gli Stati più poveri in grado di vendere a minor prezzo di quelli stranieri. Con la scoperta delle miniere in America si ha un afflusso di moneta che fa acquistare maggior vigore alle attività commerciali, ma solo l'intervallo di tempo fra l'aumento della moneta e l'aumento dei prezzi è favorevole alle attività economiche e non lo è in assoluto l'accresciuta quantità d'oro e di argento. Durante il suo percorso per tutta la nazione, la moneta stimola necessariamente l'operosità di tutti prima di aumentare il prezzo del lavoro. Se la moneta è in maggiore o in minore quantità la prosperità di uno Stato non è di alcuna importanza. Una buona politica economica consiste soltanto nel mantenere la moneta sempre in aumento, poiché in questo modo si mantiene desto lo spirito di operosità nella nazione e si aumenta la riserva di lavoro in cui consiste ogni reale ricchezza e potere.
Nella misura in cui un sovrano ha un gran numero di sudditi, e questi hanno abbondanza di merci, egli è naturalmente grande e potente ed essi ricchi e felici. I sudditi essendo divisi in numerose classi sociali dovevano avere monete di differente valore e se aumentate le merci, esse diventano più a buon mercato; se aumentato il denaro, esse aumentano il valore. È evidente che i prezzi non dipendono tanto dalla quantità assoluta di merci e di moneta che si trovano in una nazione, quanto da quella delle merci che si trovano o possono trovarsi sul mercato e della moneta che circola. Se il denaro fosse chiuso in casse, ciò equivarrebbe alla sua distruzione; se le merci fossero chiuse in magazzini sarebbe uguale, perché non si influenzano reciprocamente.
Se la moneta nella nazione non aumenta, ogni cosa diventerà più a buon mercato in tempi di laboriosità che in epoche rozze ed incivili.»
Il riferimento di Marx a Hume è solo una conferma del primo abbozzo della “Teoria quantitativa della moneta”, formalizzata compiutamente solo nel primo '900 ad opera di Irving Fisher, rivista e corretta dalla cosiddetta Scuola di Cambridge prima e da Keynes poi.
Marx contesta l'interpretazione di Hume rovesciandola, ammettendo comunque che esiste una relazione tra massa monetaria circolante, merci scambiate e prezzi di queste.

7.La Teoria quantitativa della moneta per autodidatti

Per semplicità ci riferiremo alla formula di Fisher che, pur essendo una semplificazione, è, in realtà, già sufficiente a descrivere anche qualitativamente di cosa ci stiamo occupando.
Diciamo che deve esistere sufficiente denaro in circolazione per poter scambiare le merci e i servizi che vengono prodotti. Diciamo che il denaro in circolazione rappresenta l'offerta di moneta e che il valore delle merci ed i servizi da scambiare rappresenta la domanda di moneta. Quanto denaro serve per scambiare le merci ed i servizi che vengono prodotti? In altri termini: qual è la quantità minima di moneta da offrire per fare in modo che i prodotti possano essere scambiati? È ragionevole pensare che l'offerta di moneta dev'essere almeno pari alla domanda di moneta.
Quindi la condizione di equilibrio perfetto è:
offerta di moneta = domanda di moneta
Offerta di moneta = Ms (Money supply)
Domanda di moneta = Md (Money demand)
Si ha quindi:
Ms = Md
Ma:
Ms = M * V
Md = P * Q
Quindi:
M * V = P * Q
M = massa di moneta circolante
V = velocità media di circolazione della moneta
P = livello generale dei prezzi
Q = massa dei beni e servizi scambiati



7.1.Alcune deduzioni

Qualunque studente di terza media potrebbe accorgersi che:
  1. Se M aumenta, allora P o Q o ambedue devono aumentare
  2. Se V aumenta, allora P o Q o ambedue devono aumentare
  3. Se P o Q o ambedue diminuiscono, allora M o V o ambedue devono diminuire

7.2.Considerazioni

Il problema principale nell'applicare la legge consiste nello stabilire, di volta in volta, quale sia o debba essere la variabile indipendente di turno e, di conseguenza, quali siano le variabili dipendenti.
In realtà viviamo in un sistema che si basa sull'assunto che l'unica variabile indipendente è sempre e solo M che ricordiamolo ancora è la quantità di moneta in circolazione e ci hanno brillantemente appena spiegato che non si tratta delle sole banconote o monete metalliche.
L'altro assunto è il seguente: poiché è molto difficile misurare V, si assume sempre per ipotesi che essa sia mediamente costante nel tempo, il che ci conferma che ci troviamo nel caso a) (Se M aumenta, allora P o Q o ambedue devono aumentare); se Q non aumenta, deve necessariamente aumentare P.

7.3.Utilizzo

Come viene utilizzata la “Teoria quantitativa della moneta?”
  • La massa monetaria in circolazione viene considerata l'unica variabile indipendente da muovere a piacimento
  • La velocità di circolazione si assume costante, perché è troppo complicato o costoso misurarla
  • Ogni anno si aumenta M senza alcuna ragione dichiarata e in misura arbitraria o che scaturisce da considerazioni molto misteriose ai più
  • La quota di moneta supplementare che annualmente incrementa M viene conferita a soggetti individuati in modo arbitrario o comunque totalmente discrezionale dal sistema bancario nel suo complesso (Banca Centrale e Banche Ordinarie, siano esse Banche di Deposito o Banche di Investimento). (Basilea 1,2,3 e via discorrendo).

8.Inflazione e Svalutazione

Ai giorni nostri il termine inflazione viene utilizzato per indicare l'aumento generalizzato del livello dei prezzi ma, come correttamente osservato dall'austriaco Ludwig von Mises:
«Inflazione significa aumento della quantità di denaro e banconote in circolazione e della quantità di depositi bancari soggetti a controllo. Ma oggi si usa il termine “inflazione” per riferirsi al fenomeno che è una conseguenza inevitabile dell'inflazione, la tendenza all'aumento di tutti i prezzi e gli stipendi. Il risultato di questa deplorabile confusione è che non c'è più un termine per indicare la causa di questo aumento nei prezzi e negli stipendi. Non c'è più alcuna parola disponibile per indicare il fenomeno che, finora, è stato denominato inflazione. Ne consegue che nessuno si preoccupa per l'inflazione nel senso tradizionale del termine.»
L'aumento dei prezzi è conseguenza dell'aumento della massa monetaria circolante; tale aumento è, di per sé, inflazione. Quindi:
  • INFLAZIONE: aumento autonomo della massa monetaria in circolazione, cioè aumento della ricchezza fittizia
  • SVALUTAZIONE: aumento generalizzato dei prezzi, cioè distruzione della ricchezza fittizia
Sono le due facce della stessa medaglia: se si aumenta M e Q non aumenta, cioè se si aumenta l'offerta di moneta senza aumentare la produzione di beni e servizi, allora i prezzi degli stessi (P) prima o poi aumentano. Essi sono, in altre parole due fenomeni legati alla circolazione di moneta ed è evidente che se si aumenta indiscriminatamente la massa monetaria, il valore dell'unità monetaria diminuisce in modo proporzionale.
Si può facilmente dimostrare, numeri alla mano, che in Italia da anni M aumenta ad un tasso annuo decisamente superiore a quello del PIL (desunto dai dati della Banca d'Italia).

ALCUNE GRANDEZZE MONETARIE ITALIANE

VARIAZIONI SUI 12 MESI
DIFFERENZE
PERIODO
M1
M2
M3
PIL
INFLAZIONE
M1 - PIL
M2 - PIL
M3 - PIL
2002
6,9
6,7
9,2
1,3
2,5
5,6
5,4
7,9
2003
6,5
5,9
4,8
0,0
2,7
6,5
5,9
4,8
2004
6,7
7,6
5,4
1,2
2,2
5,5
6,4
4,2
2005
8,1
8,5
6,1
0,1
1,9
8,0
8,4
6,0
2006
6,8
7,4
8,8
1,9
2,1
4,9
5,5
6,9
FONTE DEI DATI: BANCA D'ITALIA
ELABORAZIONE: GIACOMO CASTELLANO il 26/10/2007 ALLE 17:14






Se V non diminuisce, per tenere fermi i prezzi si dovranno produrre più beni e servizi in ragione pari all'aumento di M. Ecco spiegato perché ci viene ripetuto incessantemente come un mantra che ora il problema è la crescita (Presidente della Repubblica in primis). Già, perché nessuno prende in considerazione l'ipotesi di diminuire M; detto in altri termini, se in un anno si è creata meno ricchezza aggiuntiva di quanto è aumentata la massa monetaria (diciamo che può capitare), l'anno successivo dovremmo distruggere un po' di questa massa monetaria. Invece ci viene presentata come unica strada quella di aumentare la produzione, non importa di cosa. Ecco perché, ci viene ripetuto continuamente che dobbiamo crescere, in particolare aumentando la produttività (beninteso!); certo, perché, il monte ore lavoro più o meno rimane invariato, a meno di non trasferire qui una decina di milioni di altri cinesi! Possiamo dire che Hume aveva già perfettamente chiaro questo punto; spero di non semplificare troppo: aumentare la massa monetaria serve a costringere le persone a lavorare di più. Altro che decrescita felice!

9.Interesse

Qui arriviamo al principe degli inganni: l'autoinganno. Nel senso che oramai è difficile trovare qualcuno che possa concepire un sistema economico che non contenga anche il concetto di interesse e, di conseguenza, del denaro che si valorizza a prescindere dal lavoro.
Secondo Wikipedia:
L'esistenza dell'interesse ha varie motivazioni.
Primo, l'interesse può essere interpretato come la retribuzione a fronte della rinuncia a disporre di una somma di denaro.
Secondo, l'interesse sul denaro prestato è la retribuzione per aver rinunciato, avendone persa la disponibilità, a compiere investimenti alternativi. In altre parole, il prestito incorre in un costo di opportunità a causa dei possibili usi alternativi che si sarebbero potuti fare con il denaro prestato.
Terzo, ottenendo in futuro la somma prestata, chi la presta vuole essere ricompensato per la perdita di valore d'acquisto causata dall'inflazione.
Quarto, l'interesse compensa chi presta denaro contro il rischio che il debitore fallisca o sia insolvente. Una parte del tasso di interesse rappresenta quindi un premio per il rischio di insolvenza del creditore.
Io osserverei che:
Primo e secondo: il fatto che uno rinunci a priori a disporre di una somma di denaro è una cosa di per sé meritevole di ricompensa? Cioè, si dovrebbe ricompensare il fatto che uno non spenda il denaro di cui dispone o non lo utilizzi in altre maniere, potendo farlo? Quale abilità esiste in questo? Quale utilità?
Terzo: l'inflazione (la svalutazione) è calcolabile, perciò a posteriori, se c'è stata svalutazione, basta aggiungerne l'ammontare alla somma da restituire.
Quarto: sì, se per ipotesi presto 1000 euro all'interesse del 2% annuo, dopo un anno mi devono essere restituiti 1020 euro. Se il mio debitore fallisce all'inizio del secondo anno, io ho incassato 20 euro contro 1000 prestati. Un affarone, giusto?
Quinto, anzi, Prima del Primo: per pagare gli interessi bisogna aggiungere moneta nuova a quella esistente, quindi serve lavoro supplementare per pagare gli interessi.
Quindi, alla base del concetto c'è che il denaro possa valorizzarsi senza lavoro ma in realtà l'interesse sposta a carico del debitore il lavoro supplementare necessario a bilanciare l'emissione di nuova moneta che vada a coprire il pagamento dell'interesse al creditore. Geniale!

10.Debito pubblico e imposte

Come felicemente intuito da Marx, debito pubblico e sistema fiscale operano di concerto per prelevare denaro dai cittadini e convogliarlo, di fatto, verso il sistema bancario.
Il debito pubblico è il problema che viene creato; la soluzione del problema è il sistema fiscale. In realtà questo è il meccanismo primario con cui la massa monetaria eccedente (la ricchezza fittizia) viene distrutta.
Nessuno è contento di pagare tasse crescenti. Di fatto, per ottenere che i cittadini paghino senza troppo obiettare è necessario che vengano “convinti” a farlo. Lo Stato esiste per questo: in quanto depositario esclusivo della legittima coercizione, esso è in grado di obbligare i cittadini a versare quanto dovuto con le leggi tributarie. Ma la classe politica che si presta a questo compito, in democrazia rappresentativa ha bisogno di raccogliere consenso per essere eletta al parlamento e quindi poter scrivere quelle leggi. È un compito abbastanza ingrato, ammettiamolo. Distribuire privilegi più o meno diffusi diventa una necessaria attività per poter controllare il consenso ad ogni livello. Dai privilegi alla corruzione il passo non è grande come sappiamo.

11.Come salvare l'euro

Avevo inizialmente impostato quest'intervento partendo da una visione molto tecnica della questione. Stavo cercando di trovare uno sbocco a tutta una serie di considerazioni quantitative ma, onestamente devo dire, senza gran successo. Mercoledì, 21 settembre 2011, mi trovavo in un aeroporto di questa Europa, in cui le persone possono spostarsi velocemente ed ancor più velocemente il denaro, e stavo osservando quotidiani e riviste esposti in una edicola. Ad un tratto il mio sguardo si posa sulla copertina di un noto periodico, “The Economist”: era il numero del 17 settembre 2011, sabato scorso, eccolo.
Il titolo di copertina mi induce all'acquisto d'impulso. Inizio a sfogliarlo, leggo l'articolo di fondo a pagina 9, il cui titolo è lo stesso della copertina: “How to save the euro”.
Nell'articolo si illustrano le proposte del giornale inglese per “salvare la moneta unica europea”. Notiamo, di passaggio, che nel Regno Unito circola ancora oggi la sterlina ma “The Economist” non si preoccupa di salvare la sterlina bensì l'euro.
Durante l'attesa del volo per l'Italia, mi siedo al tavolino di un bar, appoggio la rivista sul ripiano e istintivamente correggo il titolo così: “How to save the euro-peans?”.
Credo di aver trovato la chiave: i giochi di parole o, meglio, gl'inganni perpetrati attraverso l'uso sapiente delle parole. Ma come? Qualcuno vuole salvare l'euro e nemmeno gli passa per la testa che forse ci sono degli europei in carne ed ossa da salvare?

12.Come salvare gli europei?

“The Economist” spiega come si dovrebbe o potrebbe salvare l'euro ma nulla dice su come salvare gli europei e snocciola un elenco di possibilità che hanno una cosa in comune: nessuna di esse mette in discussione il sistema. Forse il salvataggio dell'euro determinerebbe automaticamente il salvataggio degli europei? Con questi meccanismi riesce francamente difficile anche soltanto immaginarlo.
A mio avviso , il sistema attuale è più il risultato di un'elaborazione concettuale e culturale, ad opera di pensatori non banali, che non il casuale prodotto di tentativi “alla cieca”.
Quindi come si salvano gli europei?
Non penso che si possano salvare, se non creando prima basi concettuali e culturali diffuse e condivise per la creazione di un sistema che superi quello attuale; le tecniche e le tecnologie dovranno essere consequenziali ad un diverso paradigma socio-economico che sia condiviso da una porzione di umanità più estesa possibile relegando, ad esempio, nel novero dei tabù alcune cosette che ci appaiono ancora come normali o inevitabili o addirittura leggi di natura e che, al contrario, forse sono delle assurdità logiche, ad esempio il tasso di interesse.
Ricordiamo che l'usura era anticamente il prestito ad interesse indipendentemente dal livello del tasso applicato. La tradizione ebraica, si sa, prevedeva già il Giubileo come occasione per la restituzione delle terre agli antichi proprietari, la remissione dei debiti, la liberazione degli schiavi e il riposo della terra.
Segnalerei all'attenzione:
La borsa e la vita: dall'usuraio al banchiere (La bourse et la vie. Economie et religion au Moyen Age, 1986) è un saggio dello storico francese Le Goff sullo sdoganamento ideologico dell'usura nel XIII secolo da parte della Chiesa cristiana.
Si tratta della svolta che apre la strada al capitalismo occidentale. Dante, di fatto, colloca gli usurai dall'Inferno invece che al Purgatorio.
Come si può vedere, l'inganno è sempre fondamentalmente di natura linguistica. Se l'attuale sistema fu progettato per annientare e superare le monarchie e la nobiltà, ora che monarchie e nobiltà esistono ancora solo negli stati in cui a suo tempo decisero di cavalcare la “rivoluzione industriale” (Corona Britannica e Corona Olandese sono tra l'altro soci di Royal Dutch Shell), diventa inevitabile pensare che la democrazia, sia pure rappresentativa, esige un sistema fondato su basi concettuali diverse: se la base monetaria reale è il lavoro (il tempo/lavoro), si tratta di una base che, oltre i limiti della capacità di lavoro degli individui nell'unità di tempo, può espandersi solo con l'aumento demografico.
Ma l'aumento demografico, prima o poi, condurrebbe a limiti di altra natura, legati al fatto che la Terra è uno sferoide con dimensioni fisiche determinate, al cui interno e sulla cui superficie vi sono risorse naturali limitate.
Da ciò è facile intuire che forse è opportuno ricercare percorsi concettuali differenti. Certo, i sacerdoti del sistema attuale, hanno introdotto progressivamente, negli ultimi due secoli, uno strumento formidabile: le guerre di sterminio. Cioè, le antiche guerre di conquista non esistono più da tempo, se non in forma residuale; di fatto, le due guerre mondiali sono state stermini di massa resi possibili dalla tecnica.
Le guerre di sterminio hanno fondamentalmente due funzioni:
  • distruggere ricchezza fittizia in eccesso, il che, come abbiamo visto, è necessario per mantenere l'equilibrio monetario
  • distruggere vite umane, il che consente al sistema di riprendere l'espansione
Ecco che siamo arrivati ad un punto essenziale: per evitare nuovi stermini di massa (che potrebbero presentarsi in forme diverse rispetto al passato), è indispensabile dare vita ad un sistema in cui M non sia più sempre l'unica variabile indipendente o che, almeno, sia previsto esplicitamente e chiaramente che vi sono circostanze in cui M deve diminuire per fisiologia: se la produzione di beni e servizi non aumenta in ragione dell'aumento di M, allora bisogna distruggere l'eccedenza di moneta. Ciò implica uscire da un inganno che è, a mio modesto avviso, un auto inganno: la moneta non può più avere, da sistema, la funzione di riserva di valore. Può averla, al limite, solo “a tempo” e, di concerto, l'unico tasso di interesse ammissibile dovrebbe essere di segno negativo, il che equivale a prevedere una sorta di svalutazione programmata.
Alcune tecnologie potrebbero rivelarsi utili strumenti per il conseguimento di questi scopi ma, per ora, esistono solo abbozzi di idee e tentativi ancora in embrione. Giusto un accenno a BitCoin e Lectro.

12.1.BitCoin

Bitcoin è una moneta peer-to-peer. Peer-to-peer significa che non c'è un'autorità centrale che distribuisce nuova moneta o tracci le transazioni. Queste operazioni sono gestite collettivamente dalla rete.
Peer-to-peer (P2P) significa "da pari a pari". Quindi, le transazioni commerciali avvengono esclusivamente tra i due computer, o tra i due nodi di rete, coinvolti nella transazione. Come spiegato sopra, dunque, non vi è l'intervento di banche e/o di autorità che tradizionalmente creano, coniano, rilasciano e/o distribuiscono valuta.

12.2.Lectro

Quello di cui abbiamo bisogno è un mezzo di scambio che aumenti la sua consistenza assieme alla popolazione, per poter mantenere stabilità e valore costante.
Per questo il mio suggerimento è quello di usare l’elettricità come base universale per un nuovo sistema monetario. Per lo scopo della discussione ho definito la nuova unità monetario degli Stati Uniti il "Lectro." È corrispondente a un kilowattora di elettricità.
(Michael Rivero)

12.3.Superamento dell'esistente

È necessario, a mio parere, coinvolgere le migliori intelligenze per affidare loro il compito di “ricercare” (nel senso più alto) strumenti idonei al raggiungimento degli obiettivi.
È però fondamentale che tali obiettivi siano largamente condivisi nella società globale.
Ecco, il compito di una politica “diversa” e “dal basso”: imporre all'attenzione generale un diverso Ordine del giorno. Esso dovrà essere dibattuto per definire una diversa Agenda.
Il problema è che il sistema sta arrivando probabilmente ad un punto di non ritorno, oltre il quale ci può essere soltanto un sistema diverso. Mi chiedo: lasciamo fare anche stavolta ai “sacerdoti”? Ci stanno già lavorando, ovviamente nella massima riservatezza, come se la cosa riguardasse il loro giardinetto di casa.
Personalmente penso che se li lasciamo fare non ne uscirà qualcosa di meglio per noi.
Come avrete capito, non ho da offrire alcun tipo di risposta concreta; mi riesce solo di immaginare che soltanto un aumento della consapevolezza potrebbe condurci ad una fase diversa. Temo, anzi, che scorciatoie in tal senso non siano augurabili, se non al prezzo, per me troppo alto, di affidarsi alla “sapienza” di altri e più agguerriti “sacerdoti” che, unici depositari della conoscenza, sarebbero nelle condizioni di produrre il prossimo inganno di massa. È questo che vogliamo?
Io non lo vorrei ma è evidente che il mio desiderio acquisterebbe senso e forza esclusivamente all'interno di un processo di crescita della consapevolezza collettiva che conduca, come minimo, a sottoporre la Sovranità Monetaria al controllo democratico.
21/09/11 16 / 16